30 settembre 2014

A volte ritornano

Questo è un blog dormiente. Iniziato nel 2006 con l'intenzione di raccontare un po' del mio Brasile (con il nome "Brasil, meu amor"), qualche anno fa si è trasformato in uno spazio di divulgazione dei corsi di portoghese brasiliano che tengo presso un circolo ARCI di Bologna. *
Ma proprio qualche giorno fa un'amica virtuale mi ha chiesto se avevo mai scritto qualcosa sulla mia esperienza oltreoceano, e oggi un'altra amica virtuale sollecita (non solo a me) la scrittura di un bel post di ampio respiro. Non mi resta che cogliere la doppia provocazione, approfittandone per raccontarvi la mia visione del Brasile di oggi, alla vigilia delle elezioni politiche.

Domenica 5 ottobre, infatti, i brasiliani andranno alle urne per scegliere la Presidente della Repubblica, i governatori degli stati e inoltre deputati e senatori federali e deputati delle assemblee legislative statali. Perché ho scritto "scegliere LA presidente"? Perché per la prima volta nella storia abbiamo due candidate donne in testa alla disputa per il più importante incarico nazionale.
Oltre alla presidente uscente Dilma Rousseff, infatti, è in lizza Marina Silva, subentrata dopo il tragico incidente aereo che ha tolto improvvisamente la vita al candidato del PSB (Partido Socialista Brasileiro) Eduardo Campos. Il terzo candidato, Aécio Neves, rappresentate della destra storica brasiliana, è crollato a percentuali che non gli lasciano nessuna speranza di approdare al secondo turno.

Il Brasile si prepara, quindi, a proseguire la propria esperienza con una donna alla presidenza della repubblica, consolidando una tendenza molto forte nel Sudamerica contemporaneo, già che tutti e tre i principali paesi del Cono Sud sono governati da donne (mi riferisco, ovviamente, a Michelle Bachelet in Cile e a Cristina Kirchner in Argentina). Già questa, secondo me, è un'informazione che dovrebbe dare da riflettere alle nostre storiche civiltà europee, ancora abbastanza restie a riconoscere alle donne la capacità di occupare i luoghi chiave del potere. In Italia, per esempio, siamo molto più preoccupati di commentare come si vestono le nostre ministre, o l'opportunità o meno che una di loro possa liberamente scegliere di prendere il sole in topless, o ancora se si possa essere al tempo stesso belle e intelligenti. Discorsi francamente superati in quei paesi che fino a pochissimi anni fa eravamo abituati a guardare dall'alto in basso e a catalogare come "terzo mondo".

È notizia di pochi giorni fa che il Brasile è finalmente uscito dalla "Mappa della fame" divulgata annualmente dall'ONU. Si tratta di un grandissimo successo che dimostra i passi da gigante realizzati negli ultimi 12 anni, durante i quali si sono ridotti drasticamente gli indici di mortalità infantile, analfabetismo, diseguaglianza economica. Il Brasile sta cambiando e si sta sempre più affermando sul panorama internazionale come potenza a tutto tondo, non solo economica ma anche culturale.
Non ci sono mai stati tanti studenti universitari e gli investimenti in ricerca e borse di studio all'estero hanno come obiettivo rinforzare il paese come potenza non semplicemente economica, ma anche culturale, scientifica, intellettuale. 

C'è ancora moltissima strada da fare, ma se mi guardo indietro e ripenso al Brasile che ho conosciuto 24 anni fa, all'epoca del mio primo sbarco a Recife, rimango senza parole osservando cosa è potuto diventare in pochi lustri.
E senza esitazione affermo che la responsabilità di questo cambiamento è da attribuire in buona parte (nella parte principale) a Lula, al PT (Partido dos Trabalhadores), alla continuità fra il governo Lula e il governo Dilma. Certo, anche il PT è stato inquinato da gravissimi casi di corruzione, ed è uno degli elementi che l'opposizione utilizza a mo' di mazza chiodata per cercare di delegittimare il lavoro svolto dagli ultimi 3 governi. Ma la corruzione esisteva anche prima, la differenza è che non veniva svelata, indagata, condannata. Era accettata come una cosa normale, fisiologica. Come dimenticare quello che si diceva di Antonio Carlos Magalhães, "califfo" politico dello stato della Bahia? "Rouba, mas faz", ruba ma si dà da fare. Ed era in nome di quel "darsi da fare" che continuava a essere eletto. La corruzione non l'ha inventata il PT, anche se da un partito come quello ci si aspettava qualcosa di meglio, una purezza etica maggiore. Tuttavia, al netto delle inevitabili magagne (e senza dimenticare - lo dico soprattutto a beneficio degli amici italiani - che è molto più facile fare i duri e puri all'opposizione che sporcarsi le mani con le difficoltà pratiche del governare), negare i progressi del Brasile negli ultimi anni o è ignoranza, o è malafede.

Il PT, con Lula prima e con Dilma poi, ha fatto una precisa scelta politica: partire dai poveri e diminuire le diseguaglianze. Oggi il figlio di un muratore può andare all'università. Oggi una lavoratrice domestica ha il frigorifero e la TV a colori ed esige un regolare contratto di lavoro. Sono finiti (o meglio, stanno finendo) i tempi in cui potevi trovare chi ti faceva i lavori pesanti in cambio di un piatto di riso. L'aereo lo possono prendere tutti, non avendo più bisogno di sobbarcarsi 72 ore di autobus per andare a trovare i parenti emigrati a S. Paulo. L'ascesa sociale dei poveri, seguita a ruota dall'uscita di milioni di famiglie dallo stato di miseria per raggiungere un livello di povertà ancora grave, ma minimamente dignitosa, dà fastidio a più di un brasiliano di classe media, che non vede più sé stesso come facente parte di un gruppo privilegiato. Non sono le condizioni della classe media a essere cambiate, intendiamoci: è la percezione. Resta il fatto che il Brasile è cambiato e continua a cambiare, ed è merito per la maggior parte degli ultimi 3 governi.

Per questo mi auguro che domenica prossima Dilma riesca a vincere le elezioni al primo turno (difficile, secondo le ultime indagini demoscopiche), o quanto meno che il vantaggio su Marina sia così elevato da garantire una vittoria facile al secondo turno, fra meno di un mese. È arrivato il momento anche per noi di cominciare a interessarci di più delle notizie che provengono da questo paese. Come dice il mio amico Ziraldo, nel terzo millennio il Brasile è destinato a diventare la principale potenza economica del mondo. Magari esagera, ma da rivoluzionario e visionario quale è mi contagia: ho voglia di dargli ragione e di crederci anch'io...

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