14 settembre 2009

18 anni e non sentirli

Ogni anno in questi giorni ricordo il mio trasferimento in Brasile (vedi post di un anno fa).
Questa mattina ho messo uno "status" su facebook per commemorare il 18° anniversario del mio viaggio di andata e ho ricevuto alcuni commenti, fra cui quello dell'amico Benedetto Z. che osserva: "Io ancora non capisco come tu faccia a rimanere qui! Proprio non lo capisco!".
Condivido anche con i lettori del blog la risposta che gli ho dato:

@Ben, a un certo punto della vita bisogna decidere dove si vuole invecchiare. Io ho scelto di tornare dalla mia gente (famiglia, ma non solo) e non mi sono pentita. È come una lunga relazione amorosa che si trasforma in una grande, eterna amicizia: non c'è più spazio per la convivenza, ma una certa forma di amore rimane per sempre.

A volte mi capita di incontrare dei brasiliani che vivono in Italia e parlano malissimo del nostro paese, esaltando il loro come se fosse il paradiso in terra. Allo stesso modo, mi è capitato di incontrare italiani residenti in Brasile (o rientrati dopo un lungo periodo trascorso laggiù) che dicono peste e corna del loro paese d'adozione e dei suoi abitanti. Infine, ci sono tutti quelli che, diametralmente all'opposto di queste prime due categorie di persone, disprezzano il proprio paese ed esaltano la nazione straniera che li ospita.

Io ci ho messo qualche anno a raggiungere un equilibrio. Il paradiso in terra non esiste, così come non esiste un "popolo" migliore di un altro. Ci sono luoghi diversi e persone diverse, con le loro qualità e i loro difetti. Non è il caso di fare classifiche di merito, a chi mi parla della bellezza delle spiagge brasiliane risponderò con il patrimonio artistico italiano; a chi mi parla della scuola pubblica gratuita italiana (ancora di eccellente livello, malgrado lo scempio della Gelmini e di alcuni suoi predecessori) risponderò con la vivacità delle metodologie educative brasiliane; e così via fino a esaurimento degli argomenti, opponendo a ogni esaltazione o critica di un paese la presenza di qualcosa di equivalente nell'altro.

Amo l'Italia e amo anche il Brasile, ne conosco pregi e difetti e cerco di superare le visioni troppo superficiali e gli stereotipi che affliggono entrambi i paesi. Mi permetto solo di aggiungere che una valutazione più equilibrata si può fare solo vivendoci. Una cosa è andarci in ferie o passarci 6 mesi, un anno. Altro è viverci in pianta stabile.

No, non esiste il paradiso in terra.
Semplicemente, ciascuno fa la propria scelta in base a priorità che non possono essere misurate a partire da criteri oggettivi. L'importante è scegliere con consapevolezza e saper affrontare i pro e i contro che si presentano sempre.
Per quanto mi riguarda, mai pentita di essermi trasferita là, mai pentita di essere rientrata...

01 settembre 2009

Sta nascendo il Brasile saudita?

Laggo su Latinoamerica di Gianni Minà , copio e incollo.

STA NASCENDO IL BRASILE SAUDITA?


Gennaro Carotenuto
(01 settembre 2009)

Il Brasile sta scoprendo immensi giacimenti di petrolio. Sono così importanti che potrebbero portare il paese al quinto posto al mondo per riserve e da far slittare in secondo piano i biocombustibili che solo fino a un paio d’anni fa erano una priorità per la politica energetica nazionale. Nasce così il Brasile saudita, una nuova grande potenza petrolifera tanto che per il presidente Lula, che ne ha parlato ieri alla nazione, i risultati delle introspezioni petrolifere sono così importanti da rappresentare “un nuovo giorno dell’indipendenza nazionale” dove dovrà essere lo Stato a controllare queste risorse.
Da due anni il mare brasiliano non smette di rivelare sorprese. Al sud del paese, sotto uno spesso strato di sale che in qualche punto arriva a 2.000 metri e a 7.000 metri di profondità sotto l’Oceano, in una fascia di 800 km quadrati al largo degli stati di Espíritu Santo e Santa Catarina, si trovano giacimenti immensi. Così grandi da moltiplicare fino a sette volte le riserve brasiliane facendole passare da 14 a oltre 90 miliardi di barili trasformando il paese in una potenza petrolifera di prim’ordine, forse la quinta per riserve dopo Arabia Saudita, Iran, Iraq e Kuwait, e su livelli paragonabili a Emirati Arabi, Russia e Venezuela.
È una scoperta che appare così importante da cambiare completamente il futuro non solo energetico del paese, risvegliare appetiti e pericoli, ma soprattutto speranze. E così ieri, lunedì, il presidente Lula ha preso la parola aprendo le danze che dovrebbero portare in tempi brevi ad una legge che nelle intenzioni del governo attribuisca allo Stato il pieno controllo sul petrolio e ridistribuisca le enormi ricchezze in arrivo tra tutti gli stati del paese per far sì che il petrolio sia “una grazia di dio che migliori le condizioni di vita di tutti i brasiliani investendo il ricavato in tre assi fondamentali, educazione, scienza e tecnologia, oltre che nella lotta allo sradicamento della povertà”.
Ancora per il presidente “il petrolio può rappresentare una nuova rivoluzione industriale dove il Brasile non vuole esportare greggio ma convertirsi in una delle più importanti potenze petrolchimiche del pianeta”. Un’alba di un nuovo giorno per il Brasile per un presidente che getta il petrolio sul piatto della campagna elettorale per designare chi gli succederà. Lula vuol fare apparire chiaro che solo la continuità del governo del PT (partito dei lavoratori) che candida una donna, Dilma Rousseff, può garantire un effettivo progresso redistributivo contro i molti vampiri. Tra questi vi sono i governatori degli stati al largo dei quali il petrolio si trova, che non accettano di dividere le ricchezze e quelli che il presidente ha definito “gli adoratori del dio mercato”, terrorizzati dal fatto che il petrolio possa essere utilizzato in beneficio di tutti i brasiliani.

fonte www.gennarocarotenuto.it