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31 gennaio 2011

Addio a un amico

È stato una delle prime persone che ho conosciuto la prima volta che sono stata in Brasile, quasi 21 anni fa, nell'estate del 1990. Si chiamava Antonio Lopes dos Santos ma tutta la città di Matriz de Camaragibe lo conosceva come Totonho. Un ragazzone esuberante, simpatico, intelligente, che biascicava quattro parole di italiano e indossava con orgoglio la propria identità meticcia e il colore della pelle: "orgoglio negro" lo chiamava lui, ma in realtà era un mulatto scuro nelle cui vene scorreva anche una dose significativa di sangue indio. 
All'epoca era giovanissimo ma già molto impegnato nella comunità, il primo ricordo nitido che ho di lui è una lezione nel corso di alfabetizzazione di adulti di cui era insegnante e a cui mi aveva invitata ad assistere. Il mio primissimo contatto con il metodo Paulo Freire.
Ha lavorato con noi nel progetto di animazione sociale fra il 1992 e il 1995 e quando Sergio, il mio collega, è rientrato definitivamente in Italia nel 1996, lo ha sostituito anche formalmente, con un regolare contratto di lavoro alle dipendenze della parrocchia salesiana; insieme ad Ana, gestiva il Centro Giovanile "Don Bosco" di Matriz de Camaragibe. Lavorando lì, ha abitato per anni nell'appartamento che aveva ospitato me nei tre anni e mezzo di permanenza lì, ha usato i "miei" mobili, la mia cucina, la mia lavatrice e credo che la sua prima figlia, oggi adolescente, sia stata concepita lì. Qualche anno fa aveva lasciato il Centro Giovanile e ora lavorava come insegnante nella scuola pubblica.
Era un bravo educatore e, malgrado alcuni tratti del carattere un po' ambigui, era dotato di leadership naturale. Era stato anche candidato a consigliere comunale, ma in quel contesto riesce a vincere solo chi ha molti soldi per la campagna elettorale. Infatti non vinse.
Recentemente, pochissimi anni fa, si era iscritto all'università ed era riuscito a laurearsi (credo in pedagogia, ma non ne sono sicura), perché voleva migliorare la propria posizione lavorativa. Lo faceva per sé e per i figli.
La scorsa settimana ha avuto un tremendo attacco di appendicite, lo hanno portato al pronto soccorso nella capitale Maceió ma quando sono intervenuti era troppo tardi, la peritonite era avanzata. Ha passato un paio di giorni in coma ed è morto ieri a mezzogiorno. 
Non so se avesse già compiuto 40 anni o stesse per compierli. E ancora non mi capacito, non mi capacito della sua morte. Mi sembra impossibile pensare che la prossima volta che tornerò là non lo troverò. Ma soprattutto mi sembra assurdo che si possa morire così, per colpa di una sanità pubblica che non funziona. Se avesse avuto un'assicurazione sanitaria a pagamento, se se la fosse potuta permettere, se fosse riuscito ad avere accesso a una struttura sanitaria privatistica, sarebbe stato operato in tempo, prima che l'appendicite provocasse la peritonite fatale. 
Ecco il risultato di una sanità privata all'americana e di una sanità pubblica portata allo sfascio in decenni e decenni di "incentivo all'iniziativa privata" (realizzata in buona parte con denaro pubblico, sia detto con chiarezza). Ecco il risultato della presenza di mafie, mafiette e clientelismi del Nordest profondo, a cui Sicilia, Campania e Calabria fanno un baffo. C'è ancora molta strada da fare nel mio Brasile, nel nostro Brasile.
Oggi, nel giorno in cui il calendario ricorda San Giovanni Bosco, padre e maestro dei giovani, il mio amico Totonho - che era anche Cooperatore Salesiano - sarà seppellito nel cimitero di Matriz.
Buon viaggio, amico mio. Che Don Bosco ti accolga fra i tuoi amici, e che gli amici che restano possano aiutare Neta, vedova troppo giovane, e Larissa e Lucas, orfani prima del tempo. Come diceva il tuo santo preferito, "ci rivedremo in paradiso"...

26 gennaio 2011

25 gennaio: giornata della Bossa Nova

Il 25 gennaio, data di nascita dell'indimenticato e indimenticabile Tom Jobim, si celebra in Brasile la giornata della Bossa Nova. La commemorazione è stata introdotta su iniziativa del Ministero della Cultura e si celebra dall'anno scorso, 2010.
Questo stile musicale nasce in Brasile alla fine degli anni '50 dal genio dei migliori musicisti dell'epoca: oltre a Tom Jobim, il grandissimo João Gilberto e naturalmente il più grande di tutti, Vinícius de Moraes. La Bossa Nova è una specie di samba più soave, più minimalista, forse influenzato dal jazz nordamericano ma ormai riconosciuto in tutto il mondo come uno degli stili musicali più originali e autenticamente brasiliani.
Un esempio? Ecco João Gilberto con la sua chitarra in uno dei brani più famosi dell'età d'oro della Bossa Nova "Desafinado" (Stonato). Buon ascolto e buonissimo Dia da Bossa Nova.

31 dicembre 2010

Il caso Battisti: una lettura alternativa

Mi scuserete il doppione, anzi il triplone, visto che ho già parlato l'anno scorso per ben due volte. Ma in questi giorni alla radio e per televisione ne ho sentite di tutti i colori. La notizia ufficiale non è ancora stata comunicata ma pare proprio che Lula sia intenzionato a concedere a Battisti la possibilità di rimanere in Brasile come rifugiato politico. Sarebbe l'ultimo gesto ufficiale del suo mandato prima dell'insediamento di Dilma Roussef.

Nessuno fra i giornalisti che ho letto e ascoltato ha ricordato il caso Cacciola, a mio parere determinante alla costruzione di quello che considero più che altro un caso diplomatico.
Nel 2000 un banchiere brasiliano di origine italiana (e quindi titolare di doppio passaporto) portò alla bancarotta la sua banca (Makra) e fece perdere 500 milioni di dollari alle centinaia di risparmiatori che in quell'istituto avevano investito i propri beni; tutto questo, dopo aver ricevuto nel 1999 l'aiuto del Banco Central. Salvatore Cacciola, questo il suo nome, fu accusato frode e bancarotta fraudolenta, ma nel frattempo era fuggito in Italia. Il governo brasiliano, allora presieduto da Fernando Henrique Cardoso, ne chiese l'estradizione per poterlo processare. Ma l'Italia la negò, poiché Cacciola è anche cittadino italiano e quindi, secondo la nostra giustizia, malgrado fosse stato già condannato a 13 anni di carcere per peculato, godeva del diritto di risiedere nel nostro paese. Qui gli esperti di diritto potranno dire se tale motivazione è sufficiente, fatto sta che il Brasile non mandò giù il fatto che un criminale che aveva ridotto sul lastrico piccole e medie imprese, ma soprattutto migliaia di famiglie a esse collegate, sfruttando per giunta il denaro pubblico, potesse fare la bella vita nel nostro paese (e la faceva, la bella vita: vita da ricco, coi soldi sottratti illegalmente in Brasile).
Cocciola fu arrestato nel 2007 perché se ne era andato a fare un giretto nel Principato di Monaco: fuori dall'Italia, l'Interpol lo poté arrestare e il principe Alberto concesse immediatamente l'estradizione. Attualmente Cacciola è in carcere in Brasile, dove sta scontando la sua pena.

Ora, è ovvio che ufficialmente di queste cose non si possa parlare. Ve la immaginate una diplomazia che dice: "siccome voi non avete estradato in criminale nostro, ora noi non estradiamo il vostro"? E allora, per giustificare una decisione così controversa, si fa appello al fatto che i difensori di Battisti sostengono che il terrorista non abbia avuto un processo giusto. Gli stessi difensori hanno riferito le vicende di Cucchi e degli altri detenuti morti in carcere in Italia,  insinuando che Cesare Battisti potrebbe fare una brutta fine. 
Va ricordato che il nostro paese in questo momento "gode" di un'immagine abbastanza negativa all'estero, grazie a un presidente del consiglio che si fa le leggi su misura e a un partito di governo che fa dell'intolleranza e della reazione violenta una delle sue bandiere, contando al proprio interno personaggi capaci di rammaricarsi se un avversario politico caduto dalle scale non si è fatto male (notizia di oggi, parole di un consigliere leghista di Varese, Marco Pinti: ""Ho appena sentito al telegiornale che Nichi Vendola è stato svegliato nel cuore della notte da alcuni manifestanti del Pdl ed è caduto dalle scale. Purtroppo non ha avuto danni permanenti"); grazie a un parlamento in cui ci si prende a botte, grazie a leggi sull'immigrazione che penalizzano anche chi sta solo cercando una vita migliore e a tale scopo lavora onestamente; grazie ai crolli di Pompei e alla chiusura di teatri prestigiosi; grazie a... mi fermo, vai.

Non voglio giustificare un'eventuale decisione di Lula a favore dello status di rifugiato politico concesso a Battisti: non voglio e non posso giustificarla. Però arrivo a capirne le motivazioni.
Questo post è in risposta a chi recentemente mi ha chiesto un'opinione sui fatti. Come tutte le opinioni, è personale e discutibile. Ma mi sembrava giusto mettere a vostra disposizione qualche elemento in più, nell'attesa di sapere se la decisione di Lula sarà effettivamente favorevole al terrorista omicida o se è stata tutta una strategia per tenerci sulla graticola e mostrare i muscoli.
Lo sapremo fra poche ore.

Ore 14: la notizia è arrivata, Battisti non sarà estradato. Amen.

21 dicembre 2010

C'è diploma e Diploma

Lo scorso 17 dicembre Dilma Roussef ha ricevuto il Diploma di Presidente della Repubblica nella tradizionale cerimonia denominata, per l'appunto, diplomação.
Il Diploma costituisce l'attestazione ufficiale della vittoria alle urne e viene stampato dalla zecca di stato (Casa da Moeda do Brasil) in triplice copia: una resta nelle mani del presidente eletto, una rimane agli atti del Superior Tribunal Eleitoral e la terza viene inoltrata agli archivi della Presidenza della Repubblica.
Ricordo ancora con immensa emozione la cerimonia di diplomação del Presidente Lula, 8 anni fa. Fu trasmessa in diretta dalla tv Globo e, siccome quel pomeriggio mi trovavo a casa, potei assistere dal vivo. Del discorso pronunciato dal presidente-operaio (lui sì, lo è stato veramente, non come certi personaggi nostrani che millantano esperienze mai fatte - ogni riferimento a fatti o persone realmente esistiti è da considerare assolutamente voluto) ricordo in particolare la frase di chiusura pronunciata con la voce rotta dalle lacrime, che mi colpì tantissimo e mi fa ancora rabbrividire quando ci penso. 
Se havia alguém no Brasil que duvidava que um torneiro mecânico, saído de uma fábrica, chegasse à Presidência, 2002 provou o contrário. E eu, que durante tantas vezes fui criticado por não ter um diploma de nível superior, recebo agora meu primeiro Diploma: o de Presidente da República do meu país. ("Se in Brasile qualcuno dubitava che un tornitore meccanico, uscito da una fabbrica, arrivasse alla Presidenza, il 2002 gli ha dimostrato il contrario. E io, che tante volte sono stato criticato perché non ho un diploma di laurea, ricevo ora il mio primo Diploma: quello di Presidente della Repubblica del mio paese").
Molto diverso il tenore del discorso di Dilma. "Ricevo questo Diploma con gioia ed umiltà e un'enorme slancio a impegnarmi con ogni sforzo per ricambiare la fiducia ricevuta nelle urne. Onorare le donne, prendermi cura dei più fragili e governare per tutti è ciò che mi muove e mi stimola al lavoro dei prossimi anni... Avrò cura della stabilità economica e degli investimenti così necessari alla crescita e all'occupazione... Difenderò sempre la libertà di manifestazione, quella di stampa e quella di culto... Riaffermo che nessuna strategia politica o economica è effettiva se non si riflette concretamente sulla vita di ciascun lavoratore e lavoratrice, di ciascun imprenditore, di ciascuna famiglia e di tutte le regioni di questo nostro immenso e generoso paese..."
E poi la chiusa: "In questo momento, in cui ricevo il Diploma più elevato della democrazia, voglio condividerlo con ogni brasiliano e soprattutto con ogni brasiliana e dico che, per il Brasile, conto su tutti e su tutte, ma che tutti e tutte possono contare su di me".
(traduzione fatta al volo mentre ascoltavo il discorso su Youube, portate pazienza se l'italiano è un po' zoppicante).
Ecco il video (23 min), per chi ha voglia di assistere a tutta la cerimonia.


(Di questi tempi, assistendo alla decadenza politica e culturale dell'Italia, persino una democrazia giovane come quella brasiliana è in grado di suscitare invidia, insieme alla profonda nostalgia per quello che il nostro paese è stato neanche tantissimi anni fa, per quello che il nostro paese potrebbe ancora tornare a essere...)

24 novembre 2010

E Lula diventa un fumetto

La casa editrice Sarandi, nell'ambito del progetto intitolato "Storia del Brasile a fumetti", lancia in questi giorni la collana dedicata ai brasiliani illustri. Il primo numero è dedicato, come c'era da aspettarsi, al presidente uscente Luiz Inácio Lula da Silva. Il testo è di Toni Rodrigues, scrittore per l'infanzia e autore di fumetti. I disegni, invece, sono del veterano Rodolfo Zalla, uno dei più famosi illustratori viventi di albi a fumetti. Zalla è di origini argentine e ha 80 anni. La casa editrice, che si occupa prevalentemente di libri didattici, ha messo in circolazione 37 mila esemplari dell'albo a un prezzo di 4,95 Reais (poco più di 2 euro per 48 pagine a colori).
Prendendo spunto dagli elogi ricevuti in occasione del G-20 dell'aprile 2009 da Barak Obama, che lo definì "l'uomo politico più popolare della terra", l'albo ripercorre gli episodi più salienti della vita personale e pubblica di Lula.
Chiude il volume una lettera con la quale il presidente in persona si congeda dai lettori affermando che la storia della sua vita rappresenta quella di molti brasiliani anonimi e privi di opportunità, e ringraziando tutti coloro che hanno reso possibile il successo del suo governo, dal più umile dipendente statale, ai ministri, alla moglie Marisa.
"Malgrado ci sia ancora molto da fare, concludo il mio mandato con la sensazione di aver fatto il mio dovere e con la certezza che le pagine in bianco del nostro futuro saranno riempite da uomini e donne che non rinunciano mai e che hanno conquistato il diritto a una vita dignitosa".

02 novembre 2010

Donne al potere: Dilma Roussef eletta Presidente della Repubblica

So che molti dei miei lettori aspettavano un intervento sull'elezione di Dilma, e mi scuso per il ritardo dovuto ad altri impegni.
In questi giorni, il mio ricordo è andato inevitabilmente a 8 anni fa, a quel 27 ottobre 2002 in cui Lula si affermò al secondo turno delle più emozionanti elezioni a cui mi sia capitato di assistere. Anche allora il candidato sconfitto fu José Serra. Anche allora andò al potere un personaggio dalle caratteristiche senza precedenti: un autentico uomo del popolo, un operaio le cui origini erano da cercare nel Brasile scalzo, affamato, senza erudizione. Ma un Brasile dotato di intelligenza e sapienza.
Oggi celebriamo la vittoria di una donna, Dilma Roussef. Sembra una cosa banale e scontata, ma non lo è. È un momento storico che segnerà senza possibilità di ritorno la fisionomia politica del più importante paese del Sudamerica. Una donna alla presidenza di un paese a cultura ancora fortemente machista. Una donna alla guida del 5º paese più esteso del mondo, dell'8º economia più importante del mondo. Una donna al governo di quasi 200 milioni di cittadini.
Le stesse parole pronunciate nel suo primo discorso, domenica scorsa, ci aiutano a capire che il cammino da compiere è ancora lungo:
Oggi ho ricevuto da milioni di brasiliani e brasiliane la missione più importante della mia vita.
Questo avvenimento, al di là della mia persona, è una dimostrazione del progresso democratico del nostro paese: per la prima volta una donna sarà presidente del Brasile. È il momento di sottoscrivere quindi il mio primo impegno post-elettorale: onorare le donne brasiliane affinché questo avvenimento, finora inedito, si trasformi in un evento naturale. Che possa ripetersi e ampliarsi nelle aziende, nelle istituzioni civili, nelle entità che rappresentano tutta la nostra società. L'uguaglianza di opportunità per uomini e donne è un principio essenziale della democrazia. Mi piacerebbe molto che oggi i padri e le madri guardassero le proprie bambine negli occhi e dicessero loro: SÌ, le donne ce la possono fare!
È inevitabile sognare che anche nel nostro paese possa diventare un evento naturale il fatto che una donna giunga a guidare il governo del proprio paese, giunga a occupare il posto di prima cittadina della Nazione. È inevitabile farsi travolgere dal pessimismo che gli avvenimenti italiani di questi ultimi tempi non possono che alimentare. Sembra che per la classe politica italiana contemporanea le donne siano tornate a essere oggettini decorativi. La vittoria di Dilma ci ricorda che, sì, le donne ce la possono fare.

Complimenti a Dilma e complimenti a milioni di elettori ed elettrici che hanno scelto di mettere le sorti del loro paese nelle sue mani. 

23 ottobre 2010

Feliz Aniversário, Pelé

Il 23 ottobre 1940 nasceva a Tres Corações, una piccola città nello stato di Minas Gerais, il piccolo Edson Arantes do Nascimento, che tutto il mondo oggi conosce col soprannome che lo ha reso celebre: Pelé.
Quanti altri giocatori di calcio possono vantare tre titoli mondiali con la nazionale del proprio paese, e più di mille gol (per la precisione, 1.281) al proprio attivo? Quanti altri idoli dello sport possono vantare una popolarità planetaria, un'esperienza come Ministro dello Sport, come attore internazionale, come ambasciatore dell'Unesco?
La figura di Pelé non è esente da zone d'ombra, ma nessuno è perfetto, nemmeno O Rei, il Re del football.
Oltre a essere un grande sportivo, ha saputo dimostrare di essere anche una persona di notevole spessore: malgrado gli scandali che hanno coinvolto suo figlio (arrestato per droga qualche anno fa), malgrado una figlia riconosciuta quando era già una donna fatta, ha saputo mantenere sempre un'immagine più che rispettabile impegnandosi in prima persona nella lotta contro le discriminazioni razziali e soprattutto facendosi testimonial della lotta contro il consumo di droga da parte dei giovani.
Io resto dell'opinione che sia stato il miglior giocatore di calcio del XX secolo, e mi scusino gli ammiratori di Maradona.
Buon compleanno, Pelé.  Ti vogliamo bene.

10 ottobre 2010

Due pesi

Questo articolo, scritto da Maria Rita Khel, psicanalista e opinionista del giornale "O Estado de São Paulo", è stato pubblicato il 2 ottobre scorso, antivigilia delle elezioni presidenziali che avrebbero condotto Dilma Roussef e José Serra al secondo turno del prossimo 31 ottobre. Il 6/10 Maria Rita Khel è stata licenziata, colpevole di aver manifestato un'opinione contraria a quella della direzione del giornale.
Ritengo che meriti di essere letto (e chi vuole potrà leggerlo in lingua originale cliccando qui).

Due pesi...
di Maria Rita Khel
Questo giornale ha tenuto un atteggiamento che reputo dignitoso, quando ha spiegato ai suoi lettori di sostenere il candidato Serra alle prossime elezioni. In questo modo, la discussione che si svolge al suo interno è più onesta. Il dibattito elettorale che domani ci condurrà alle urne è molto acceso. Gli elettori dichiarano di essere stanchi e delusi dalla lotta all'ultimo sangue che ha caratterizzato la disputa per la Presidenza della Repubblica. Le campagne elettorali, ormai trasformate in show televisivi, non convincono più nessuno. Malgrado ciò, quest'anno è in gioco qualcosa di importante. Sembra addirittura che in Brasile esista ancora la lotta di classe, quella che nell'opinione di molti era stata seppellita dagli ultimi mattoni del Muro di Berlino. In televisione la rissa è mascherata, ma su internet il gioco si fa duro.
Se il popolo delle cosiddette classi D ed E - coloro che vivono nelle zone sperdute dell'entroterra brasiliano - avesse accesso alla rete, forse si ribellerebbe alle numerose catene di messaggi che denigrano il valore del suo voto. Per i nostri lettori si tratta di un argomento familiare: il voto dei poveri, favorevole alla continuità delle politiche sociali introdotte negli otto anni di governo Lula, non ha lo stesso valore del nostro. Non rappresenta l'espressione consapevole di una precisa volontà politica. Questi voti sarebbero stati comprati al prezzo di quello che una parte dell'opposizione chiama "Borsa-Elemosina" (gioco di parole fra "escola" - scuola - ed "esmola" - elemosina, parafrasando la Borsa-Scuola del primo governo Lula, successivamente diventata Borsa-Famiglia).
Una di queste catene è giunta anche alla mia casella di posta elettronica, inoltrata da diversi destinatari. Riproduceva la denuncia fatta da "una cugina" dell'autore, residente a Fortaleza. La denunciante, indignata per l'indolenza dei lavoratori non qualificati della sua città, si lamentava del fatto che nessuno voleva più occupare il posto di portiere del suo palazzo. I candidati naturali a quel lavoro preferivano vivere nell'ozio con i soldi della Borsa-Famiglia. Pensate un po' a che punto siamo arrivati. Non ci sono più i morti di fame di una volta. Dove sono andati a finire gli autentici umili che piacevano tanto ai cordiali padroni, e che per una miseria erano capaci di lavorare molto più delle otto ore regolamentari? Sì, perché è curioso che nessuno abbia fatto domande sul salario offerto dal condominio. Lo scambio del lavoro con la Borsa-Famiglia sarebbe vantaggioso per i cosiddetti furboni, pigri e approfittatori solo se il salario offerto fosse anticostituzionale: meno della metà del salario minimo. 200 reais è infatti il valore massimo raggiunto dalla somma di tutti i benefici concessi del governo a chi ha più di tre figli, a condizione di continuare a mandarli a scuola. (Il valore attuale del salario minimo è di 510 R$)
Secondo un'altra indignata denuncia che circola su internet, nella cittadina dell'entroterra del Piauí dove abitano i parenti della donna di servizio di un tizio di S. Paulo l'intera popolazione vive solo dei soldi dei programmi governativi. Se ciò risponde al vero, è terrificante immaginare di che cosa potessero vivere prima. Di sicuro pativano la fame, come nello spaventoso film di José Padilha "Garapa". Pativano la fame tutti i giorni. Le famiglie al di sotto della classe C che attualmente ricevono la borsa, magari sommata a qualche forma di pensione, sono ancora povere. La differenza è che ora hanno da mangiare. Qualcuno riesce anche a produrre qualcosa e a venderlo ad altri che hanno cominciato a comprare del cibo. L'economista Paul Singer ci informa che, nelle piccole città, questa infima entrata di denaro ha un effetto sorprendente sull'economia locale. La Borsa-Famiglia, c'è da non crederci, offre condizioni di consumo tali da generare occupazione. Il voto del gruppo dell'elemosina, quindi, è politico, e rivela la recente acquisizione di una coscienza di classe.
Il Brasile in questo è cambiato. Ma, contrariamente a quanto pensano gli indignati della rete, è cambiato in meglio. Se fino a poco tempo fa certi datori di lavoro erano soliti contrattare, per meno di un salario minimo, persone senza alternative di occupazione e prive della coscienza dei propri diritti, oggi non è più così facile trovare qualcuno disposto a lavorare a queste condizioni. È più interessante provare a tirare avanti a partire dalla Borsa-Famiglia che, malgrado sia modesta, ha ridotto dal 12% al 4,8% la fascia di popolazione in stato di estrema povertà. Avrà idea, il lettore di S. Paulo, di quanto bisognava essere poveri per riuscire a uscire da quello strato sociale grazie a una differenza di soli 200 R$? Quando lo Stato comincia a garantire i diritti minimi, la popolazione si politicizza e comincia a esigere che quei diritti vengano rispettati. Un mio amico ha dato a questo effetto il nome di "accumulo primitivo di democrazia".
Eppure, sembra che il voto di questa gente risvegli ancora una volta l'argomento di un'indimenticabile osservazione di Pelé, secondo la quale i brasiliani non sono preparati al voto. Non tutti lo sono, sia chiaro. Dopo il secondo turno del 2006, il sociologo Hélio Jaguaribe scrisse che il 60% dei brasiliani che avevano votato per Lula aveva tenuto conto unicamente dei propri interessi, mentre il restante 40% dei cosiddetti elettori istruiti aveva pensato agli interessi del Paese.  L'unica cosa che il Prof. Jauguaribe non spiegò fu come un Brasile guidato da un'élite istruita e preoccupata degli interessi di tutti fosse arrivato al terzo millennio con il 60% della propria popolazione talmente ignorante da vedere il proprio voto, declassato a un rango ben poco repubblicano.
Ora che i più poveri sono riusciti ad alzare la testa oltre la linea della mendicanza e della dipendenza dai rapporti di favore che hanno sempre caratterizzato le politiche locali nell'entroterra del Paese, si dice che votare pro causa propria non vale. Ora che, per la prima, volta i senza-cittadinanza hanno conquistato qualche minimo diritto e desiderano preservarlo attraverso la via democratica, una parte dei cittadini che si considerano di classe A si permette di sminuire pubblicamente la serietà di quel voto.

04 ottobre 2010

Dilma e Serra al secondo turno, ma la vera sorpresa è Marina Silva

Alla solita velocità record, dovuta al voto elettronico e al relativo scrutinio digitale, poche ore dopo la chiusura delle urne è arrivato il risultato delle elezioni presidenziali in Brasile: Dilma Roussef (PT, 46,9%) e José Serra (PSDB, 32,62%) disputeranno il secondo turno domenica 31 ottobre.

Ma la vera sorpresa di questa tornata elettorale è costituita dallo strepitoso successo di Marina Silva, la candidata del Partito Verde: il 19,33% del voti validi, pari a 19,6 milioni di preferenze, è andato a lei.
Anche se Lula aveva scelto Dilma per la successione a otto anni di governo, durante i quali si è visto attribuire indici di approvazione senza precedenti (anche superiori all'80% in alcuni momenti del suo doppio mandato), è forse Marina la più autentica erede morale del presidente operaio. Anche lei è stata una ragazza del popolo, ha imparato a leggere e scrivere a 15 anni ma ciò non le ha impedito di evolversi, iscriversi all'università, laurearsi in storia e diventare una delle più attive leader della lotta per la difesa del grande polmone del mondo, l'Amazzonia. È stata senatrice e ministra dell'ambiente nel primo governo Lula. Si dimise per conflitti con la linea politica del presidente e uscì anche dal PT, fondando il Partito Verde (PV).
Sarà lei l'ago della bilancia per il secondo turno. Personalmente non nutro molti dubbi: o si schiererà con Dilma, o lascerà libertà di voto ai propri elettori. In entrambi i casi, a Dilma non sarà difficile raggranellare quel minimo 5% che le consentirà di diventare la prima presidente donna del gigante sudamericano.
Diversa invece la situazione nel mio stato di adozione, il Pernambuco. Qui, il candidato del PSB Eduardo Campos, governatore uscente sostenuto da una coalizione di centro sinistra molto larga, è stato riconfermato con un vero e proprio plebiscito: 82,84%, pari a circa tre milioni e mezzo di preferenze. Jarbas Vasconcelos (PMDB), suo diretto oppositore e già governatore dello stato (lo era negli anni in cui abitavo a Recife) ha dovuto accontentarsi di un misero 14,06%.
Oltre al secondo turno presidenziale, otto stati più il distretto federale voteranno per scegliere al ballottaggio il proprio governatore;  altri 17 sono stati eletti al primo turno.
Ora aspettiamo il pronunciamento di Marina, e soprattutto i risultati del 31 ottobre, per conoscere la precentuale di elettori che sceglieranno Dilma come propria presidente.


09 luglio 2010

Onere e onore: è arrivata la nomina ufficiale

È arrivata la lettera che mi nomina rappresentante ufficiale dell'IDHeC (Instituto Dom Helder Camara) in Italia.

Non so se sia maggiore l'onere o l'onore. Di certo è una responsabilità, ma anche un attestato di stima e di fiducia.
L'Istituto è depositario dei beni terreni appartenuti al vescovo dei poveri, morto nel 1999. Compresi i diritti d'autore. D'ora in avanti dovrò occuparmi di tutto ciò che riguarda i contatti con le case editrici italiane per le pubblicazioni future ma anche per eventuali opere sotto diritti e ancora in distribuzione in Italia.
È un compito che svolgo a titolo gratuito e per amore al Dom, una figura importantissima della storia e della cultura non solo del Brasile, ma del mondo intero. Il fatto che sia stato più volte candidato al premio Nobel per la Pace non è una coincidenza.
L'Istituto ha bisogno di sostegno. Da anni è in corso la trascrizione di tutti i manoscritti lasciati dal Bispinho, migliaia e migliaia di fogli vergati a mano: lettere, meditazioni, discorsi, poesie. Un lavoro enorme, quantitativamente e qualitativamente parlando, per realizzare il quale sono necessarie risorse economiche, strumentali e umane. Ogni centesimo di euro che sia possibile far recuperare a questa istituzione è una pagina in più che può essere trascritta e resa disponibile per la pubblicazione, in Brasile e nel mondo.
Spero di essere all'altezza del compito prestigioso che mi è stato affidato. Ma a questa speranza si affianca la certezza che c'è qualcuno che mi tiene la mano sul capo, come faceva tre anni fa mentre riscrivevo in italiano le sue meravigliose lettere dal Concilio Vaticano II...

27 giugno 2010

E ora si discute sulle cause (ancora sulle inondazioni)

Prima di entrare nel merito del titolo, qualche aggiornamento sulla situazione. I morti sono arrivati al numero di 52; i dispersi sembrano ammontare a una cinquantina, e non a cinquecento come sembrava all'inizio. 
Situazione in Alagoas. Matriz de Camaragibe, malgrado rientri nel novero dei municipi in stato di emergenza, non si trova in situazione critica; sono state danneggiate alcune case, ne sono crollate un paio nei pressi del mercato (cioè costruite sulla sponda del fiume) ma niente a che vedere coi disastri del 1989 e del 2000. Situazione ben più che drammatica nel municipio di Branquinha dove, a quanto dicono gli amici contattati, gli unici edifici rimasti integri sono la chiesa e il centro comunitario (costruito dai salesiani nei primi anni '90). La sindaca ha proposto di ricostruire la città in un altro sito.
Situazione in Pernambuco. Danni gravissimi anche in numerosi municipi del Pernambuco. Il nuovo ponte sul torrente Una, inaugurato poco più di un anno fa nell'ambito delle opere di raddoppiamento dell'importante strada federale BR-101 e costruito secondo le più recenti tecniche di ingegneria civile e nel rispetto dei principi di impatto ambientale, è stato spazzato via dall'onda di piena come se si fosse trattato di un ponte di legno. Le macerie del ponte sono diventate una specie di attrazione turistica della città di Palmares. 
Il presidente Lula si è recato in visita ad alcune delle città colpite. Atterrato a Rio Largo (Alagoas, nei pressi dell'aeroporto internazionale di Maceió) ha rifiutato di compiere il percorso ufficiale che era stato preparato dallo staff e che prevedeva la visita a una diga sfondata e a un ponte crollato, per andare a visitare le città colpite e parlare con le persone.  I suoi sostenitori ne evidenziano l'umanità e il fatto di essere un presidente che mette i piedi nel fango, ricordando che in occasione dei nubifragi di São Paulo il candidato a presidente per l'opposizione, José Serra, è "fuggito" da Jardim Pantanal, il quartiere colpito. I suoi detrattori ne denunciano il populismo, ricordando (non senza qualche ragione) che siamo in piena campagna elettorale per le elezioni politiche e presidenziali.

Le cause. A quanto ho capito dalla lettura dei giornali, le piogge violente hanno flagellato le zone del Pernambuco in cui si trovano le sorgenti dei fiumi che, in preda alla piena, hanno spazzato via come uno tsunami i paesi che si trovano sulle loro sponde in Alagoas.
Da una parte, quindi, viene "incolpata" la natura che ha scaricato sulla regione, in un solo giorno, l'acqua che normalmente cade in un mese di stagione invernale (che in questa zona corrisponde a una vera e propria "stagione delle piogge"). Ma dall'altra parte non si può far finta che non ci siano anche delle responsabilità squisitamente politiche, come si diceva nel post di qualche giorno fa e nelle denunce della candidata alla presidenza, Marina Silva.
Copio e traduco da un articolo comparso sul sito di notizie "Ig Último Segundo": La verità è che mancano strutture e opere di prevenzione. Il presidente Luiz Inácio Lula d Silva, durante la visita alle regioni colpite, ha annunciato un finanziamento di 550 milioni di R$ (circa 250 milioni di Euro) per Alagoas e Pernambuco, ma i dati del Sistema Integrato dell'Amministrazione Finanziaria del Governo Federale (Siafi) raccolti dai consulenti tecnici del DEM (il Partito Democratico) mostrano che il governo federale ha speso solo lo 0,74% delle risorse di bilancio 2010 destinate "alla prevenzione e alla preparazione in caso di disastri naturali". Questa percentuale corrisponde a 3,2 milioni dei 442,5 inizialmente destinati. Il rimanente 99,62% rimane nelle casse federali. Lo stesso rilevamento mostra che il governo Lula ha speso 356,7 milioni di R$ in "risposta a disastri e distruzioni". E si tratta comunque di solo il 17,32% del preventivato.
Secondo la locale conferenza dei sindaci, il numero di municipi che nei primi sei mesi dell'anno hanno richiesto lo stato di emergenza ammonta a 1.635, contro i 1.389 dell'intero 2009. Limitatamente a questa catastrofe e ai soli stati di PE e AL i municipi sono oggi 58.
Eppure, sono più numerosi - circa il doppio - i casi di grave siccità che quelli di eccesso d'acqua, anche se questi ultimi hanno effetti molto più distruttivi.
E comunque, le catastrofi climatiche hanno moltissimo a che vedere con un'occupazione del suolo disordinata e non pianificata e ciò diventa particolarmente evidente nel caso di piogge devastanti e alluvioni.
Potete trovare altre notizie aggiornate, e soprattutto immagini, cliccando qui e anche qui.

(fonti: http://ultimosegundo.ig.com.br/ e http://osamigosdopresidentelula.blogspot.com/)

08 maggio 2010

A volte ritornano (o: "Di come certi libri non passano di moda")

Qualcuno dei miei lettori più affezionati ricorderà "Roma, due del mattino", il libro di Dom Helder Camara del quale fui traduttrice e curatrice nel 2007 e che uscì nel 2008 (ne parlai qui sul blog, per l'appunto, in occasione dell'uscita).
Ebbene, il Centro La Pira di Firenze ha organizzato un evento di ri-presentazione dell'opera nell'ambito della rassegna "Maggio di Libri" del Comune di Sesto Fiorentino (FI).
Oltre alla sottoscritta, parteciperanno Mario Primicerio (presidente della Fondazione La Pira) e Graziano Zoni (presidente Emmaus Italia e autore di un libro su Dom Helder).
La presentazione avrà luogo venerdì 21 maggio alle ore 21 presso il Teatro di San Martino.
So che a Firenze e dintorni ci sono parecchie amiche brasiliane che seguono questo spazio.
A loro dico: se vi paleserete e vi identificherete, sarà una gioia conoscervi.


08 marzo 2010

Il sindacato dei traduttori letterari italiani sostiene Denise Bottmann

Comunicato Stampa

La Sezione Traduttori in appoggio a Denise Bottmann

Roma, 8 Marzo 2010

È notizia di questi giorni il caso che riguarda una illustre quanto coraggiosa traduttrice brasiliana, Denise Bottmann, autrice del blog "Não gosto de plágio" (Il plagio non mi piace). La Bottmann si batte da anni contro la pratica del plagio delle traduzioni letterarie, di cui ha raccolto svariati e documentati esempi sul suo blog, tanto da conquistare l'attenzione di alcuni organi di stampa con servizi, reportage ed editoriali sul tema. Ciò che accade in Brasile, analogamente ad altri paesi del mondo in cui il diritto d'autore non sempre viene rispettato, è che alcuni editori si appropriano indebitamente di traduzioni ormai fuori catalogo e, dopo una superficiale operazione di editing-maquillage, le rimettono in commercio come se fossero opera di nuovi traduttori, a volte identificati da nomi di fantasia. Le denunce riguardano autori del calibro di Jane Austen (prima traduzione di Orgoglio e Pregiudizio risalente agli anni '40, ripubblicata in ben due diverse edizioni negli anni '80 e nel 2001) ed Emily Brontë, ma anche Nietszche, Darwin, Pirandello, Scott Fitzgerald e molti altri.
Nello scorso mese di febbraio la Bottmann è stata oggetto di una denuncia penale da parte della casa editrice Landmark, responsabile della pubblicazione di alcune delle opere le cui traduzioni sono state documentate come plagio. La denuncia è accompagnata dalla richiesta di: una somma ingente di danni materiali e morali; la chiusura e cancellazione del blog sul plagio in nome del "diritto all'oblio"; la celebrazione del processo a porte chiuse.
Un nutrito gruppo di traduttori letterari brasiliani, insieme a numerosi colleghi sparsi in tutto il mondo, si è mobilitato in favore di Denise Bottmann con un manifesto e una petizione a sostegno dei quali si è schierata anche la Sezione Traduttori del Sindacato Nazionale Scrittori.
Tale petizione risponde alla necessità di dare la più ampia eco possibile alla vicenda del plagio delle traduzioni letterarie, in considerazione del fatto che tale pratica è in palese contrasto con la Legge sul Diritto d'Autore, che considera il traduttore come autore di opera derivata salvaguardandone i diritti morali e patrimoniali. Inoltre, questo tipo di plagio configura il reato di concorrenza sleale in quanto le case editrici in malafede, non accollandosi i costi dei diritti di traduzione o non pagando una ritraduzione, mettono in posizione di svantaggio gli editori che, facendosi carico di questi costi, rispettano la legge e la deontologia. Infine, la pratica del plagio mette in pericolo il patrimonio culturale del paese, promuovendo la distribuzione di copie fraudolente di traduzioni che spesso, in origine, erano firmate da nomi riconosciuti e stimati della letteratura brasiliana.
Anche la Sezione Traduttori del Sindacato Nazionale Scrittori, nell'esprimere a Denise Bottmann la propria solidarietà, si unisce a tutti coloro che desiderano contrastare, con le parole e con i fatti, la pratica criminale del plagio, in difesa della cultura, dei lettori e del diritto al riconoscimento della paternità dell'opera di traduzione, senza mai dimenticare che anche il traduttore - come recita il motto della nostra Sezione - è "un autore a tutti gli effetti".

Sezione Traduttori-SNS

02 marzo 2010

Il plagio non mi piace: petizione in appoggio a una collega brasiliana

Questa nota è stata pubblicata sul mio profilo di facebook e divulgata nelle varie liste di discussione dei traduttori letterari. Ma nella petizione sono benvenute le firme di tutti.

Desidero portare alla vostra attenzione una vicenda abbastanza grave che riguarda una mia collega brasiliana, Denise Bottmann (presente da anni nei link della colonna di destra di questo blog).

Denise è personalmente in prima linea nella lotta contro il plagio delle traduzioni letterarie, una pratica purtroppo molto frequente in Brasile: numerosi editori si appropriano di vecchie traduzioni, soprattutto dei classici, le ristampano e le pubblicano senza nome, oppure con il nome di un altro traduttore, ma si tratta inequivocabilmente di lavori già pubblicati in passato. A volte la differenza consiste in qualche leggerissimo ritocco lessicale, ma il più delle volte l'operazione di furto è assolutamente spudorata. Naturalmente, il tutto viene fatto senza minimamente preoccuparsi del diritto d'autore del traduttore o degli eredi.

Denise ha aperto da parecchio tempo un blog nel quale riporta titoli, autori, nomi di traduttori, confronto fra le diverse edizioni e, naturalmente il nome dell'editore.
Già una volta le hanno imposto di togliere il blog dalla rete, salvo riconoscere che le sue denunce erano congrue.
La sua battaglia ha suscitato l'interesse di numerose testate giornalistiche che hanno pubblicato fior di servizi ed editoriali sull'argomento.

Ora l'editore Landmark l'ha denunciata, richiedendo: cospicui danni morali, svolgimento del processo *a porte chiuse* (quindi senza la presenza della stampa), rimozione preventiva del blog.

I colleghi brasiliani hanno organizzato una petizione online, che potete trovare a questo indirizzo e che vi invito caldamente a sottoscrivere indicando, accanto al vostro nome, anche la città e il paese (io ho firmato così: Sandra Biondo, Bologna, Itália):
http://www.petitiononline.com/Bottmann/petition-sign.html

Quelli che leggono il portoghese possono trovare uno spazio ulteriore di informazione qui:
http://apoiodenise.wordpress.com/

e naturalmente nel blog di Denise, "Não gosto de plágio":
http://naogostodeplagio.blogspot.com/

Ringrazio tutti coloro che avranno la sensibilità di aderire, mostrando a Denise che la difesa dei diritti di chi lavora non conosce frontiere.

01 marzo 2010

Io sono straniera

Oggi, primo marzo, ho aderito alla giornata nazionale di "sciopero degli stranieri".

Sono stata anche io una lavoratrice in terra straniera, per più di 10 anni. Certo, gli italiani in Brasile sono genericamente ben visti. Ma non posso certo nascondere la vergogna e la rabbia che provavo quando mi capitava di incontrare, soprattutto sulla spiaggia di Boa Viagem, drappelli di miei connazionali che appartenevano palesemente a una delle categorie più tristi del maschio italiano di mezza età: i turisti sessuali. Ecco una delle reputazioni che gli italiani sono riusciti a farsi in Terra Brasilis.
Ma non è l'unico elemento caratteristico dell'italianità, almeno di quella percepita dai nostri amici brasiliani. Siamo famosi anche per i nostri principali prodotti di esportazione, per esempio la mafia, le mafie. E poi per il ventennio di dittatura fascista di Mussolini, che spesso i telegiornali locali rammentano a proposito del signor Berlusconi. E per la corruzione politica, nella quale siamo stati i loro maestri (e i nostri allievi brasiliani sono bravi, bravissimi in quest'arte: non mi sorprenderei se in breve tempo ci superassero).
Infine, siamo famosi per la pizza. Ovvio, direte voi, è il piatto italiano più apprezzato nel mondo. Eppure, dovete sapere che la pizza in Brasile non è solo un piatto a base di pasta di pane, pomodoro, mozzarella e origano. È anche un simbolo.
Avete presente il modo di dire italiano "finire a tarallucci e vino"? Ebbene, in Brasile si dice "acabar em pizza"...

Non è facile essere stranieri e scrollarsi di dosso i pregiudizi che gli altri hanno su di noi, sul nostro popolo, sulla nostra lingua, sui nostri usi e costumi, sulla nostra politica.
Oggi mi sento particolarmente vicina e solidale con i fratelli e le sorelle che ho incontrato in Piazza del Nettuno: Pakistan, Senegal, Marocco, Ucraina, India, Nigeria, Congo, Colombia, Brasile, Moldavia e chissà quanti altri paesi erano rappresentati in quella piazza. Tutti accomunati da un unico desiderio, quello di rivendicare il loro sentirsi in parte italiani. Li capivo, li capisco. Anch'io dico sempre di essere metà italiana e metà brasiliana: perché io sì e loro no?

Siamo tutti stranieri, da qualche parte.

11 febbraio 2010

Alcides não acontece todos os dias

Alcides não acontece todos os dias. Alcides non capita tutti i giorni. Questo l'incipit di un articolo che ho ricevuto ieri dall'amica Mônica, dal titolo Recife envergonhado (Recife si vergogna). Mi limito a una rapida traduzione e lascio a voi riflessioni, commenti e considerazioni.

Alcides non capita tutti i giorni. È un simbolo. E non di quelli inventati. Di quelli che fanno sentire orgogliosi, che spingono a ripensare alla vita, alle opportunità, alle cose giuste e a quelle sbagliate. Alcides è una bella storia, di quelle da riempirci un libro intero, che fanno vernir voglia di raccontare tutti i dettagli al tassista, al portinaio, ai colleghi, a tutti.

Abitante del sobborgo popolare Vila Santa Luzia, nel quartiere Torre, e figlio di un'ex-carrettiera, aveva sfiorato la miseria da vicino ma era passato all'esame di ammissione per il corso di Biomedicina dell'Università Federale del Pernambuco. Ed era passato alla grande, piazzandosi al primo posto fra gli studenti provenienti dalle scuole pubbliche (in Brasile, come negli Stati Uniti e in altri paesi delle Americhe, le scuole private sono migliori di quelle pubbliche, riservate alle fasce più povere della popolazione. N.d.T.). Non si dedicava ad altro. Studiava e frequentava il gruppo giovanile della chiesa di Torre. Aveva fatto impazzire dalla felicità sua madre, e anche Vila Santa Luzia. Le altre madri del quartiere avevano trovato qualcuno da additare ai propri figli. "Lo vedi quello? È stato ammesso all'università".

Aveva 22 anni e a settembre prossimo si sarebbe laureato. Avrebbe fatto il master e poi anche il dottorato. Ma abitava a Recife. Ed è bastato a fargli prendere due spari in testa. Era l'una di venerdì e stava studiando. È stato trascinato fuori di casa da due uomini in motocicletta. È morto davanti a sua madre e a tre sorelle.

Stamattina ho incontrato sua madre, donna Maria Luiza. Era ancora vestita di orgoglio, con il camice bianco del figlio. Mancava veramente poco al momento in cui avrebbe potuto dire al mondo di essere la madre di un biomedico. Ma ancor meno a quello in cui dire che non lo era più. Mi ha raccontato tutto il suo dolore. Ha detto che è riuscita ad aggrapparsi agli assassini, ma non c'è stato niente da fare. È riuscita a evitare solo il terzo colpo di pistola. Ma i primi due avevano già interrotto il suo sogno più grande. Maria Luiza è tornata a essere una madre come tante.

Oggi è l'8 febbraio e, solo in quest'anno, 386 madri di Recife piangono la morte di un figlio.


(Il testo originale è di João Valadares .La foto è di Alexandre Gondim/JCimagem)

16 gennaio 2010

Addio, Zilda. Una morte che riflette una vita

Il drammatico terremoto che ha colpito Haiti nei giorni scorsi ha lasciato numerose vittime brasiliane, specialmente fra i militari che compongono la forza di pace dell'ONU. Brasile e Haiti sono paesi amici e sono già partiti aiuti umanitari (alimenti, farmaci), mentre il presidente Lula ha promesso uno stanziamento di 10 milioni di dollari per la ricostruzione.
Ma la perdita sicuramente più grave per il Brasile è stata quella della dottoressa Zilda Arns, 73 anni, fondatrice della Pastoral da Criança (Pastorale dell'infanzia) e candidata per ben due volte al premio Nobel.
Chi, fra i miei lettori, nutre sinceri sentimenti anticlericali, avrà arricciato il naso al leggere "Pastorale dell'infanzia". Eppure questa attività, svolta da oltre trent'anni sotto l'egida della Conferenza Episcopale, ha salvato migliaia di vite umane e riscattato la dignità di centinaia di migliaia di donne.

Ho collaborato per anni con le attività della Pastoral da Criança. Nessuno pensi a una specie di catechesi per bambini, in realtà si tratta di un'intensa e capillare attività di prevenzione materno-infantile svolta su tutto il territorio nazionale grazie a una rete di volontariato senza paragoni in nessuna parte del mondo. La Pastoral fa capo alle diocesi, che a loro volta riuniscono le parrocchie; nelle parrocchie, la Pastoral è organizzata in nuclei comunitari. Lo scopo principale delle attività è raggiungere le madri di bambini fra 0 e 5 anni, iscriverle al nucleo comunitario e convocare riunioni mensili durante le quali i bambini vengono pesati. Il peso viene registrato su appositi cartoncini e su dei "registri" tenuti dalle coordinatrici locali (tutte donne volontarie appartenenti alle fasce più povere della popolazione). Attraverso il controllo del peso viene monitorata la salute del bambino, mentre contemporaneamente alle madri vengono fornite importanti informazioni riguardanti la prevenzione della denutrizione, l'alimentazione alternativa, la prevenzione e cura di semplici malattie (semplici, ma se colpiscono un organismo debilitato possono essere fatali), la contraccezione, la prevenzione sanitaria in generale.
Attualmente la Pastoral gode dell'appoggio dell'Unicef ed è stata "esportata" in numerosi altri paesi dell'America Latina e dell'Africa. 155.000 donne svolgono un servizio gratuito a tutela della vita dei più piccoli.


All'inizio degli anni '90, solo per fare un esempio, la Pastoral lanciò la campagna della "soluzione fisiologica fatta in casa" per combattere le conseguenze della diarrea infantile. Nelle comunità e nelle chiese, spesso alla fine della Messa o della celebrazione della Parola, veniva insegnato come preparare questa soluzione: un bicchiere d'acqua potabile, un cucchiaio di zucchero, un cucchiaino di sale. Una cosa semplice e alla portata di tutti ma che, con un martellamento costante e un intenso passa parola, ha consentito a migliaia di piccini di sopravvivere a una possibile, fatale disidratazione.

Zilda si trovava ad Haiti per parlare a una conferenza internazionale a nome della Conferenza Episcopale brasiliana. Donna schiva, aveva sempre evitato i riflettori. Si ricorda, in tutti questi anni, una sua sola partecipazione televisiva, a parte qualche breve intervista rilasciata ai telegiornali.
È morta come aveva vissuto, mentre svolgeva il proprio servizio. Il destino, o forse la provvidenza, hanno voluto che si trovasse ad Haiti proprio quando un devastante terremoto ha distrutto Port-au-Prince e annichilito buona parte della popolazione del paese più povero dell'America Latina. Ha saputo essere vicina agli ultimi anche nel momento estremo in cui ha consegnato la propria vita nelle mani di quel Creatore a cui aveva sempre affidato con fede ogni azione dell'esistenza.
Il Brasile è umanamente più povero, e lo siamo anche noi. Vi assicuro che mentre digito queste parole ho le lacrime agli occhi. Grazie, Doutora Zilda, per una vita spesa al servizio degli altri.

13 gennaio 2010

Lula, il figlio del Brasile: un bel libro, un brutto film

Oggi sono stata a vedere il film sulla vita del Presidente della Repubblica Luís Inácio Lula da Silva, tratto dal libro "Lula, o filho do Brasil" di Denise Paraná (tradotto da me in italiano con il titolo "Il figlio del Brasile. Lula racconta se stesso" e pubblicato da Italianova nel 2004).



Succede spesso che il film sia deludente rispetto al libro, ma questa volta mi pare che si sia superato il limite. Pur essendo un'ammiratrice del Presidente, non posso far finta di non vedere che si tratta di un poderoso spottone elettorale che esce - guarda caso - proprio nell'anno delle elezioni, quando Lula è sì all'apice della popolarità ma deve anche convincere i brasiliani a votare Dilma Rousseff, candidata del PT alla successione.
E comunque non è questo il difetto principale del film. La sceneggiatura è debole, puramente agiografica e in alcuni punti melensa come la più bieca delle telenovelas. La regia è più televisiva che cinematografica, e comunque ben poco suggestiva. Anche la recitazione non è esaltante, anzi a volte è proprio penosa; salverei solo il protagonista Rui Ricardo Dias (che risulta molto credibile e somigliante a Lula) e la sempre bravissima Lucélia Santos (che quelli della mia generazione ricorderanno forse nei panni di Isaura, la schiava bianca) presente con un piccolissimo cameo, la maestra elementare del piccolo Luís Inácio. Anche la famosa Glória Pires non convince del tutto nei panni di Dona Lindu, la madre di Lula.
Mentre guardavo il film ho vissuto momenti di vera e propria inquietudine, sembrava un film di regime e la cosa non ha mancato di mettermi in imbarazzo.

Il libro è decisamente più interessante. Si tratta infatti della trascrizione delle interviste (o forse dovremmo dire delle testimonianze) date da Lula stesso e da alcuni suoi familiari. L'autrice Denise Paraná accompagna a questi testi alcune analisi e commenti approfonditi sulla personalità di Lula, offrendo al lettore utilissime chiavi di interpretazione. Non possiamo dimenticare che il libro è stato in realtà la tesi di dottorato in storia contemporanea della Paraná, pertanto un testo di innegabile valore storiografico e di grande rigore accademico. Forse sarebbe stato più adatto a ispirare un buon documentario, sulla falsariga di certi programmi tipo "La storia siamo noi", che un prodotto cinematografico di così basso livello.

Insomma, un film puerile tratto da un libro maturo. Peccato, un'occasione mancata.


04 gennaio 2010

La scelta di Francisca (e quella di Rai Tre)

Visto che buona parte dei miei visitatori occasionali capitano su queste pagine in seguito alle ricerche sugli sceneggiati televisivi brasiliani, mi corre l'obbligo di parlare di "La scelta di Francisca", titolo italiano della "miniserie" (sceneggiati che vanno in onda in seconda serata e hanno una durata molto minore rispetto alle tradizionali telenovelas) trasmessa dalla TV Globo nel 1999 con il titolo originale di "Chiquinha Gonzaga".
Francisca Edwiges Neves Gonzaga fu una grandissima pianista, compositrice e anche direttrice d'orchestra, anzi la prima donna a dirigere un'orchestra in Brasile.
Dotata di una personalità fuori dal comune, Chiquinha sfidò le convenzioni della sua epoca separandosi dal marito che le era stato imposto dal padre (un militare sposato con una mulatta), andando a vivere con il suo grande amore João Batista e dedicandosi senza risparmio al suo vero, grande amore: la musica. E fu grazie alla musica che poté mantenersi e mantenere il figlio, una volta separata anche da João Batista. E fu un altro João Batista, di quasi 40 anni più giovane di lei, a farle compagnia con amore fino alla sua morte, avvenuta nel 1935.
Ancora una volta Rai Tre fa un gol clamoroso, acquistando i diritti per la trasmissione dello sceneggiato (già andato in onda un paio di volte su Rete 4, ricordo di aver visto la replica al mattino presto, tre o quattro estati fa) e garantendosi un pubblico ormai affezionato al genere.



Una nota di colore. Le due attrici che interpretano Chiquinha da giovane e da adulta sono madre e figlia, Regina e Gabriela Duarte, due icone della TV Globo.

Con un clic sul titolo di questo post sarete indirizzati alla pagina di Wikipedia (in portoghese) dedicata allo sceneggiato.


24 dicembre 2009

Le Monde: Lula, uomo dell'anno


È Lula l'uomo dell'anno secondo il quotidiano francese Le Monde.

E già che ci siamo, Buon Natale a tutti.