09 febbraio 2009

Dom Helder Camara: centenario della nascita, decennale della morte


Sono iniziate in questi giorni le cerimonie per il centenario della nascita di Dom Helder Camara (7 febbraio 1909), e sempre quest'anno ricorrerà il decennale della sua morte (27 agosto 1999).
In occasione del centenario le poste brasiliane hanno emesso un francobollo commemorativo, mentre nella città di Recife prenderanno il via numerose iniziative culturali e religiose.

Helder Pessoa Camara nasce a Fortaleza, capitale dello stato del Ceará nel Nordest brasiliano, il 7 febbraio 1909, da João Eduardo Torres Camara Filho, ragioniere e giornalista, e Adelaide Rodrigues Pessoa Camara, maestra elementare. È l’undicesimo dei tredici figli di una famiglia dalle condizioni modeste ma ben inserita nella società locale. Nel 1923, a 14 anni, fa il suo ingresso nel Seminario Diocesano di São José a Fortaleza, all’epoca diretto dai padri lazzaristi. Studente modello, viene ordinato sacerdote a soli 22 anni il 15 agosto 1931. (...)
Questa persona “dall’apparenza modesta” ma accogliente e attenta, nella quale convivevano il contemplativo e l’organizzatore efficiente, il mistico e l’oratore acceso, lo scrittore e il poeta, si forgia a partire da alcune decisioni, apparentemente semplici, prese nel periodo della formazione e nei primi anni di sacerdozio e seguite con rara fedeltà: le Veglie quotidiane dall’una alle cinque del mattino; la Santa Messa “celebrata sempre come se fosse la prima”; “l’utilizzo di schemi al posto di discorsi interamente scritti; la preparazione meticolosa attraverso una meditazione sincera davanti al Signore e l’impegno a non predicare nulla senza averne assoluta convinzione”.(...)
Al Concilio Vaticano II difende l’idea di una Chiesa che cammina decisa verso il futuro, una Chiesa che si preoccupa dei poveri e si impegna nella lotta contro le strutture che generano la povertà. Inizia a tessere una rete di articolate relazioni e nell’ottobre del 1962 giunge a Roma già con un preciso piano di lavoro e di perfezionamento personale. Diventa ben presto uno dei più conosciuti Padri Conciliari, pur senza prendere mai la parola in Basilica. Partecipa attivamente a gruppi informali che avranno enorme influenza sull’elaborazione dei grandi testi conciliari, in particolare la Gaudium et Spes alla cui stesura contribuisce fin dal 1963 tramite il suo impegno nella commissione per l’apostolato dei laici. (...)
Pochi giorni prima del golpe militare del 31 marzo 1964, con cui in Brasile si instaurerà un regime della durata di 20 lunghissimi anni, Paolo VI lo nomina arcivescovo presso la sede episcopale di Olinda e Recife, dove si insedierà il 12 aprile dello stesso anno. La sua nomina viene salutata con favore dai militari che conoscono la sua fama di grande conciliatore. Ma nel discorso di insediamento lascia subito chiara la sua proposta di azione per l’Arcidiocesi, che comprende anche il servizio alla difesa dei diritti umani e all’organizzazione e coscientizzazione delle comunità più povere.(...)
Il 27 settembre 1964 lascia la Segreteria della CNBB in seguito alla sconfitta dei suoi candidati alla nuova direzione della Conferenza. Si dedica allora con maggiore intensità alle comunità più bisognose dell’arcidiocesi e alla lotta per i diritti umani e per la giustizia sociale. In breve tempo, ottiene la fama di “fratello dei poveri”, araldo di quelli “senza voce e senza storia”, “voce scomoda del Vangelo”.
Ancor prima dell’istituzione ufficiale della censura da parte del regime militare, a causa delle denunce esplicite contro la tortura il suo nome viene bandito dai mezzi di comunicazione di massa. La sua voce può essere udita solo a Recife e dintorni, dai microfoni di Radio Olinda. Numerosi suoi collaboratori vengono colpiti dalle persecuzioni del regime e uno di essi, padre Antônio Henrique Pereira Neto, viene arrestato e torturato a morte fra il 26 e il 27 maggio 1969. (...)
Il 26 maggio 1970 al Palazzo dello Sport di Parigi, davanti a oltre 10 mila persone, pronuncia un celebre discorso nel quale racconta la reale situazione del Brasile e denuncia le torture ai prigionieri politici. Da quel momento, gli inviti a tenere conferenze all’estero si moltiplicano e Dom Helder diventa un punto di riferimento internazionale per la difesa dei diritti umani e la lotta contro la povertà nei paesi del terzo mondo: un vero e proprio ambasciatore dei poveri. Gli oltre 80 impegni l’anno al di fuori dei confini del Brasile spingono le gerarchie vaticane a richiedere, qualche anno dopo, una sua maggior presenza in diocesi, la riduzione dei viaggi all’estero e una “moderazione” nel tono e nei contenuti dei suoi discorsi.
Il 17 maggio 1970 compare un articolo sul Sunday Times nel quale Dom Helder viene definito “l’uomo più influente dell’America Latina dopo Fidel Castro”. Sempre nel 1970, con cinque milioni di firme raccolte soprattutto fra i lavoratori del continente, viene indicato al Nobel per la Pace; il governo militare esercita pressioni più o meno occulte e monta una campagna volta a gettare discredito sulla figura dell’arcivescovo. Il premio non gli viene conferito né quell’anno né l’anno successivo, quando viene nuovamente nominato e dato come favorito. Forse a parziale riparazione di questo increscioso “incidente di percorso”, nel 1974 gli viene assegnato sempre a Oslo il Premio Popolare della Pace.
Come leader di movimenti non violenti e membro di 33 organizzazioni nazionali e internazionali si aggiudica altri 22 premi, fra i quali il Martin Luther King (USA) e il Memoriale Giovanni XXIII di Pax Christi. È inoltre insignito di 32 lauree Honoris Causa; ben 27 città, in Brasile e nel mondo, lo nominano cittadino onorario.
Il 10 aprile 1985, colpito dalla regola che lui stesso aveva contribuito a creare e che prevedeva l’allontanamento dal servizio pastorale al raggiungimento dei 75 anni di età, si ritira dal governo dell’arcidiocesi di Olinda e Recife e si trasferisce presso la minuscola e periferica Igreja das Fronteiras (Chiesa delle Frontiere), dove risiederà fino alla sua morte.(...)
Dom Helder muore a 90 anni, il 27 agosto 1999. Decine di migliaia di persone prestano omaggio alle sue spoglie composte all’interno della Igreja das Fronteiras e partecipano al suo funerale nella piazza della Igreja da Sé di Olinda (la Cattedrale della sede episcopale), all’interno della quale riposa il suo corpo. Il tumulo, coperto da una semplice lapide con fotografia, è meta di numerose visite e luogo di raccoglimento e preghiera.
Dom Helder lascia in eredità alle generazioni future non solo un’immagine di bontà e di amoroso servizio ai poveri e alla Chiesa, ma anche un’enorme quantità di scritti.

Dall'introduzione a "Roma, due del mattino. Lettere dal Concilio Vaticano II", ed. San Paolo, 2008.



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