31 gennaio 2011

Addio a un amico

È stato una delle prime persone che ho conosciuto la prima volta che sono stata in Brasile, quasi 21 anni fa, nell'estate del 1990. Si chiamava Antonio Lopes dos Santos ma tutta la città di Matriz de Camaragibe lo conosceva come Totonho. Un ragazzone esuberante, simpatico, intelligente, che biascicava quattro parole di italiano e indossava con orgoglio la propria identità meticcia e il colore della pelle: "orgoglio negro" lo chiamava lui, ma in realtà era un mulatto scuro nelle cui vene scorreva anche una dose significativa di sangue indio. 
All'epoca era giovanissimo ma già molto impegnato nella comunità, il primo ricordo nitido che ho di lui è una lezione nel corso di alfabetizzazione di adulti di cui era insegnante e a cui mi aveva invitata ad assistere. Il mio primissimo contatto con il metodo Paulo Freire.
Ha lavorato con noi nel progetto di animazione sociale fra il 1992 e il 1995 e quando Sergio, il mio collega, è rientrato definitivamente in Italia nel 1996, lo ha sostituito anche formalmente, con un regolare contratto di lavoro alle dipendenze della parrocchia salesiana; insieme ad Ana, gestiva il Centro Giovanile "Don Bosco" di Matriz de Camaragibe. Lavorando lì, ha abitato per anni nell'appartamento che aveva ospitato me nei tre anni e mezzo di permanenza lì, ha usato i "miei" mobili, la mia cucina, la mia lavatrice e credo che la sua prima figlia, oggi adolescente, sia stata concepita lì. Qualche anno fa aveva lasciato il Centro Giovanile e ora lavorava come insegnante nella scuola pubblica.
Era un bravo educatore e, malgrado alcuni tratti del carattere un po' ambigui, era dotato di leadership naturale. Era stato anche candidato a consigliere comunale, ma in quel contesto riesce a vincere solo chi ha molti soldi per la campagna elettorale. Infatti non vinse.
Recentemente, pochissimi anni fa, si era iscritto all'università ed era riuscito a laurearsi (credo in pedagogia, ma non ne sono sicura), perché voleva migliorare la propria posizione lavorativa. Lo faceva per sé e per i figli.
La scorsa settimana ha avuto un tremendo attacco di appendicite, lo hanno portato al pronto soccorso nella capitale Maceió ma quando sono intervenuti era troppo tardi, la peritonite era avanzata. Ha passato un paio di giorni in coma ed è morto ieri a mezzogiorno. 
Non so se avesse già compiuto 40 anni o stesse per compierli. E ancora non mi capacito, non mi capacito della sua morte. Mi sembra impossibile pensare che la prossima volta che tornerò là non lo troverò. Ma soprattutto mi sembra assurdo che si possa morire così, per colpa di una sanità pubblica che non funziona. Se avesse avuto un'assicurazione sanitaria a pagamento, se se la fosse potuta permettere, se fosse riuscito ad avere accesso a una struttura sanitaria privatistica, sarebbe stato operato in tempo, prima che l'appendicite provocasse la peritonite fatale. 
Ecco il risultato di una sanità privata all'americana e di una sanità pubblica portata allo sfascio in decenni e decenni di "incentivo all'iniziativa privata" (realizzata in buona parte con denaro pubblico, sia detto con chiarezza). Ecco il risultato della presenza di mafie, mafiette e clientelismi del Nordest profondo, a cui Sicilia, Campania e Calabria fanno un baffo. C'è ancora molta strada da fare nel mio Brasile, nel nostro Brasile.
Oggi, nel giorno in cui il calendario ricorda San Giovanni Bosco, padre e maestro dei giovani, il mio amico Totonho - che era anche Cooperatore Salesiano - sarà seppellito nel cimitero di Matriz.
Buon viaggio, amico mio. Che Don Bosco ti accolga fra i tuoi amici, e che gli amici che restano possano aiutare Neta, vedova troppo giovane, e Larissa e Lucas, orfani prima del tempo. Come diceva il tuo santo preferito, "ci rivedremo in paradiso"...

3 commenti:

Unknown ha detto...

E' difficile ricordare una persona in poche parole, catturare uno sguardo, un modo di essere attraverso la scrittura... molto di più direbbe (dirà) la sua foto che ho nell'album Brasile, appena potrò scansionarla.
Ho conosciuto Totonho nel 2000, quando con un gruppo di altri ragazzi siamo stati a Matriz per un mese, ospiti dei padri salesiani. Siamo capitati lì in un pessimo momento, poco dopo una brutta alluvione, e abbiamo dovuto un po' "inventarci", perché padre Diego e padre Brenno avevano ben poco tempo da dedicare a un gruppetto di sprovveduti giovani italiani. In quel mese, Totonho è stato il nostro principale riferimento, ci ha fatto da guida, da cicerone, ha sempre avuto un occhio di riguardo per noi.
Due anni dopo sono tornata a Matriz, da sola, e ho avuto modo di conoscerlo ancora meglio, di essere ospite a casa sua, di conoscere la moglie e la piccola Larissa... e non riesco proprio a credere che quel suo sguardo profondo, sorridente e ironico si sia spento per sempre...

casa de fifia ha detto...

io nom lo conosciuto,ma legendo le cose bele que avete deto è quase come se avesse conosciuto,ha io sono edna e sono de natal,ma vivo in italia da circa 9 anni,e vero la salute nel nordeste è um disastro.baci

Sandra B. ha detto...

Pois é, Edna. Esperemos que as coisas mudem nos próximos anos,o Brasil merece, o Nordeste merece de um sistema de saúde mais eficiente. Obrigada por visitar meu blog.