Ieri pomeriggio ho partecipato, in veste di interprete, a un seminario sui biocarburanti a cui partecipava, fra gli altri, un esperto brasiliano, Gerlado Arcoverde. Arcoverde fa parte del coordinamento di un interessantissimo progetto finanziato dal governo italiano e promosso da un gruppo di organizzazioni fra cui il GVC di Bologna e la FETRAF (Federazione dei lavoratori in agricoltura familiare) dello stato del Minas Gerais.
Prima di parlare nello specifico della situazione brasiliana, è importante evidenziare un punto cruciale della questione, ben espresso dal titolo del seminario: "Biocarburanti o agrocarburanti? Una questione non solo di parole. Sostenibilità dei nuovi modelli energetici". Ogni volta che interpreto a un convegno, porto a casa almeno un'idea nuova, un pensiero su cui non mi ero mai soffermata prima, una nuova conoscenza che entra a far parte del mio bagaglio. Questa volta, per l'appunto, il fatto che la questione dei biocombustibili non è un problema che riguardi prima di tutto gli equilibri energetici, bensì i modelli di agricoltura attualmente vigenti nel mondo. Purtroppo ci vorrebbe troppo tempo per sviscerare il tema in questa sede, ma si tratta veramente di un concetto cruciale a cui anche noi europei dovremmo iniziare a pensare, soprattutto in considerazione del fatto che la nostra agricoltura è in crisi ormai da decenni.
Per quanto riguarda il Brasile, è fuori discussione che oggi sia uno dei principali produttori di biocombustibili al mondo; già dagli anni '70, ai tempi del famoso piano pro-alcol che vide comparire sulla scena mondiale le prime automobili mosse a etanolo, ricopre un ruolo di protagonista. Dopo una forte crisi del settore negli anni '80, oggi ha ripreso alla grande la produzione ed esportazione di etanolo per autotrazione; i motori cosiddetti "flexi", cioè a doppia alimentazione benzina/alcol, rappresentano attualmente il 92% delle nuove immatricolazioni nel paese.
Ma la produzione di etanolo è una produzione su scala industriale che dipende in buona parte degli immensi latifondi di canna da zucchero presenti soprattutto nello stato di São Paulo e nel Nordest, nella regione degli stati del Pernambuco e di Alagoas. Le condizioni dei lavoratori della canna sono fra le peggiori al mondo in termini salariali e di salubrità del lavoro, soprattutto nello sfruttatissimo e poverissimo Nordest. Inoltre, date le dimensioni dei latifondi e la disponibilità di terre disponibili, non è pensabile che il Brasile possa incrementare oltre il 50% la sua produzione di etanolo da autotrazione senza conseguenze sulla sicurezza alimentare.
La grande novità, pertanto, giunge dal biodiesel, cioè dagli olii prodotti a partire dai semi di alcune piante. Il progetto presentato da Arcoverde riguarda 3000 famiglie di agricoltori dello stato del Minas Gerais che coltiveranno piante oleaginose a questo scopo, e contemporaneamente riserveranno il 50% dei loro terreni alla coltivazione di prodotti per l'alimentazione umana. La trasformazione delle sementi in olii sarà realizzata in loco tramite un processo produttivo che recupera anche gusci e altri cascami in generale, al fine di produrre energia per alimentare l'impianto (garantendo così, anche se parzialmente, la sostenibilità energetica della struttura), fertilizzanti naturali per riporre carbonio e altre sostanze nel terreno coltivato, infine materia prima (fibre e truciolati) per la produzione di artigianato. Allo scopo di incrementare la produzione, saranno stipulate convenzioni col governo dello Stato del Minas Gerais per il recupero, a titolo di comodato gratuito, di alcune terre degradate e attualmente non utilizzate. Si tratta insomma di un progetto pilota per una nuova agricoltura familiare, sostenibile, che garantisca al tempo stesso la sicurezza alimentare della comunità in esso coinvolta, ma anche la partecipazione a processi produttivi decisamente innovativi e sostenibili dal punto di vista ambientale ed energetico.
Vale la pena di ricordare che il governo Lula ha emesso una legge che vincola la società nazionale che gestirà la produzione di biodiesel ad acquistare almeno il 30% della materia prima dai piccoli produttori familiari. Un'azione concreta del governo in favore di quel nuovo modello di agricoltura di cui parlavamo poc'anzi.
Penso di essere andata fin troppo per le lunghe con questo post, ma l'argomento è importante.
Se qualcuno fosse interessato ad approfondire, può andare a leggere questo articolo sul sito gestito dal Consolato del Brasile a Milano, oppure quest'altro articolo che approfondisce il discorso sul nuovo modello di agricoltura alla base del progetto del GVC.
Prima di parlare nello specifico della situazione brasiliana, è importante evidenziare un punto cruciale della questione, ben espresso dal titolo del seminario: "Biocarburanti o agrocarburanti? Una questione non solo di parole. Sostenibilità dei nuovi modelli energetici". Ogni volta che interpreto a un convegno, porto a casa almeno un'idea nuova, un pensiero su cui non mi ero mai soffermata prima, una nuova conoscenza che entra a far parte del mio bagaglio. Questa volta, per l'appunto, il fatto che la questione dei biocombustibili non è un problema che riguardi prima di tutto gli equilibri energetici, bensì i modelli di agricoltura attualmente vigenti nel mondo. Purtroppo ci vorrebbe troppo tempo per sviscerare il tema in questa sede, ma si tratta veramente di un concetto cruciale a cui anche noi europei dovremmo iniziare a pensare, soprattutto in considerazione del fatto che la nostra agricoltura è in crisi ormai da decenni.
Per quanto riguarda il Brasile, è fuori discussione che oggi sia uno dei principali produttori di biocombustibili al mondo; già dagli anni '70, ai tempi del famoso piano pro-alcol che vide comparire sulla scena mondiale le prime automobili mosse a etanolo, ricopre un ruolo di protagonista. Dopo una forte crisi del settore negli anni '80, oggi ha ripreso alla grande la produzione ed esportazione di etanolo per autotrazione; i motori cosiddetti "flexi", cioè a doppia alimentazione benzina/alcol, rappresentano attualmente il 92% delle nuove immatricolazioni nel paese.
Ma la produzione di etanolo è una produzione su scala industriale che dipende in buona parte degli immensi latifondi di canna da zucchero presenti soprattutto nello stato di São Paulo e nel Nordest, nella regione degli stati del Pernambuco e di Alagoas. Le condizioni dei lavoratori della canna sono fra le peggiori al mondo in termini salariali e di salubrità del lavoro, soprattutto nello sfruttatissimo e poverissimo Nordest. Inoltre, date le dimensioni dei latifondi e la disponibilità di terre disponibili, non è pensabile che il Brasile possa incrementare oltre il 50% la sua produzione di etanolo da autotrazione senza conseguenze sulla sicurezza alimentare.
La grande novità, pertanto, giunge dal biodiesel, cioè dagli olii prodotti a partire dai semi di alcune piante. Il progetto presentato da Arcoverde riguarda 3000 famiglie di agricoltori dello stato del Minas Gerais che coltiveranno piante oleaginose a questo scopo, e contemporaneamente riserveranno il 50% dei loro terreni alla coltivazione di prodotti per l'alimentazione umana. La trasformazione delle sementi in olii sarà realizzata in loco tramite un processo produttivo che recupera anche gusci e altri cascami in generale, al fine di produrre energia per alimentare l'impianto (garantendo così, anche se parzialmente, la sostenibilità energetica della struttura), fertilizzanti naturali per riporre carbonio e altre sostanze nel terreno coltivato, infine materia prima (fibre e truciolati) per la produzione di artigianato. Allo scopo di incrementare la produzione, saranno stipulate convenzioni col governo dello Stato del Minas Gerais per il recupero, a titolo di comodato gratuito, di alcune terre degradate e attualmente non utilizzate. Si tratta insomma di un progetto pilota per una nuova agricoltura familiare, sostenibile, che garantisca al tempo stesso la sicurezza alimentare della comunità in esso coinvolta, ma anche la partecipazione a processi produttivi decisamente innovativi e sostenibili dal punto di vista ambientale ed energetico.
Vale la pena di ricordare che il governo Lula ha emesso una legge che vincola la società nazionale che gestirà la produzione di biodiesel ad acquistare almeno il 30% della materia prima dai piccoli produttori familiari. Un'azione concreta del governo in favore di quel nuovo modello di agricoltura di cui parlavamo poc'anzi.
Penso di essere andata fin troppo per le lunghe con questo post, ma l'argomento è importante.
Se qualcuno fosse interessato ad approfondire, può andare a leggere questo articolo sul sito gestito dal Consolato del Brasile a Milano, oppure quest'altro articolo che approfondisce il discorso sul nuovo modello di agricoltura alla base del progetto del GVC.
Nessun commento:
Posta un commento