20 settembre 2010

Corso di portoghese brasiliano a Bologna: ultima chiamata

Si comincia dopodomani, mercoledì 22 settembre, alle ore 19 presso il Circolo Arci Benassi.
Qui sotto, nell'intervento di due settimane fa, trovate qualche informazione in più; e comunque potete scrivere all'indirizzo che trovate nella colonna qui a destra, sostituendo /at/ con @.
Ci sono ancora due posti disponibili, fatevi sotto.

16 settembre 2010

La cooperazione che non vogliamo

Nell'aprile scorso è comparsa sul Sole24Ore una notizia dal titolo Missione compiuta per la portaerei Cavour. Si parlava della nave italiana inviata ad Haiti per prestare soccorso alle vittime del terremoto, nell'ambito di una missione militare congiunta Italia-Brasile.
Qualche giorno fa ho ricevuto una mail da un caro amico, Angelo F., lettore della rivista delle Missioni della Consolata, che proprio su quella rivista ha trovato utili approfondimenti alla notizia. Vi copio esattamente le sue parole, a cui seguirà qualche mio commento.


La "missione umanitaria" White Crane partita il 19 gennaio (arrivata ad  Haiti il 2 febbraio) e rientrata in Italia il 14 aprile 2010 ha visto  impegnata la portaerei Cavour che ha portato generi alimentari,  materiale medico e militari per la rimozione delle macerie ad HAITI.  La missione è costata complessivamente 11 milioni di euro: infatti la  sola navigazione della nave costa 200.000 euro al giorno con un  impiego di quasi 900 militari. Durante la permanenza ad Haiti (anzi, a Santo Domingo, dove era  attraccata) ha assisitito 100 pazienti.  Ma come, lo stesso denaro non sarebbe potuto essere destinato ad altri interventi più efficaci? (es. aerei cargo, ospedali da campo con invio  di medici anzichè militari, ecc...).
In realtà "si è trattato di un'operazione Italia-Brasile con finalità di cooperazione militare, di grandi investimenti industriali, di  marketing", sostiene la Ong InterSOS. Infatti il Brasile è interessato  all'acquisto di una nave identica alla Cavour e ha così potuto vederla  in azione. Con buona pace dei bambini haitiani che a giudizio dell'on. La Russa,  ministro della difesa, hanno ricevuto notevole supporto dalla portaerei.  Ma i bambini di Haiti hanno davvero bisogno di una nave che costa 1300  milioni di euro ???

Ecco. Volevo dire che non è questa la cooperazione che vogliamo. È una vergogna che l'Italia non rispetti gli impegni presi nei vari vertici internazionali, come ricordava recentemente Action Aid in occasione della pubblicazione dei dati sulla lotta alla povertà. L'Italia, infatti, ha "messo a disposizione della cooperazione per lo sviluppo solo lo 0,16% del Pil, a fronte della media europea che è dello 0,44% e dopo il drammatico taglio del 56% avvenuto nel 2009 rispetto all'anno precedente".
Il Brasile è un paese in crescita, ma ha ancora bisogno di interventi che possano incrementare ulteriormente lo sviluppo umano: educazione di base, formazione professionale, agricoltura familiare, sostenibilità ambientale, lotta alla violenza urbana, riduzione delle gravidanze nell'adolescenza, tutela dell'infanzia e della maternità, solo per citare alcuni dei campi nei quali il Brasile ha fatto passi da gigante negli ultimi anni ma che hanno ancora bisogno di interventi. L
a cooperazione internazionale può fare da catalizzatore a processi già in atto, rafforzandoli, accelerandoli e promuovendo così quella che secondo me è la vera cooperazione internazionale allo sviluppo. In Brasile le iniziative ci sono, le idee ci sono, la cultura c'è e ci sono anche le risorse umane, persone con una formazione invidiabile, una visione del mondo  infinitamente più integrata della nostra, una creatività e una voglia di fare che  nei nostri "paesi per vecchi" latita da fin troppo tempo. A volte scarseggiano le risorse materiali, ed è lì che potremmo seriamente intervenire, mettendo a disposizione niente più del dovuto, niente più di quanto abbiamo preso l'impegno di dare. E se invece di investire miliardi di euro in cooperazione militare alquanto "pelosa" (alla fin fine, lo scopo è quello di piazzare un prodotto Made in Italy, cioè la portaerei costruita da Fincantieri: e questa a casa mia non si chiama cooperazione, si chiama investimento industriale) tenessimo fede una buona volta alla parola data?

14 settembre 2010

Diciannove anni fa (elogio dell'Amicizia)

Era il 14 settembre 1991. All'aeroporto Marconi di Bologna c'era una discreta folla di amici, oltre ai miei genitori. Amici che chiacchieravano a voce alta, parlando della mia partenza. Qualcuno era arrivato da lontano (Roma, Cagliari...) per la festa d'addio della sera precedente.
Una leggenda metropolitana vuole che un passante, cogliendo al volo qualche mezza frase, avesse commentato: "Soccia, il Bologna deve aver comprato un brasiliano, questa gente è tutta qui per aspettare lui".
Invece ero io che partivo con valigiona, zaino, chitarra (il baule sarebbe arrivato dopo, spedito a parte) e soprattutto un'audiocassetta intitolata "Radio Globo" che i miei amici più cari avevano preparato per me. Conteneva le interviste fatte a un sacco di amici e conoscenti che rispondevano a tre domande: quando e come hai conosciuto la Sandra Biondo, quale pensi che sia la sua caratteristica principale, cosa le auguri per questa partenza. Le interviste erano inframezzate a brani musicali (da L'anno che verrà di Lucio Dalla a I'm on fire di Bruce Springsteen, passando per In fondo al mar del Granchio Sebastian) e soprattutto alle tre puntate dell'esilarante radionovela "Canne al vento - La vera storia di Sandrela"
Quella cassetta l'ascoltai mentre ero in transito all'aeroporto Charles De Gaulle di Parigi, alternando le risate alle lacrime. Credo sia stato uno dei più bei regali che io abbia mai ricevuto, non solo e non tanto per il contenuto, ma soprattutto perché coloro che ancora oggi chiamo "i miei Amici Storici" avevano dedicato tempo ed energie a questo progetto, senza che io ne avessi sentore nemmeno per un istante. Per settimane avevano pensato a me e liberato il loro tempo per me. Sapevano che la nostra storia, inziata con un'esperienza di volontariato in Irpinia nel 1981, proseguita con la prima esperienza in gruppo in Rwanda nel 1982 e cresciuta, maturata negli anni successivi con l'impegno attivo in Amici del Rwanda (l'ONG che in seguito avrebbe cambiato nome in Amici dei Popoli), trovava nella mia partenza uno dei suoi compimenti più significativi. Avevamo fantasticato, sognato insieme la partenza per un servizio di lungo termine in un paese in via di sviluppo. Ora questo sogno si realizzava: loro restavano, ma io partivo e lo facevo anche a nome di quel gruppo, di quella piccola comunità la cui amicizia era fondata non semplicemente su  pizza e birra, ma sulla scelta di scommettere la propria vita su determinati valori, il principale dei quali veniva definito "l'opzione preferenziale per i poveri".
Da allora è passata molta acqua sotto i ponti: è cambiata la nostra vita, è cambiato il linguaggio, è cambiato il mondo in cui viviamo; pensavamo che sarebbe cambiato in meglio, invece siamo ancora qui a fare i conti con le medesime iniquità globali di allora. Ma la nostra amicizia resiste, perché non era costruita sulla sabbia ma sulla roccia.
Per questo oggi, a 19 anni di distanza da quel giorno che ha rappresentato lo spartiacque della mia vita, desidero ricordare i nomi di alcuni di loro (non se ne risentano gli altri se non li citerò), quelli che parteciparono attivamente a Radio Globo: Lela, Mirko, Morena, Davide, Eleonora, Ivan, Roberta, Andrea, Fulvia. Tutte queste persone, e molte altre insieme a loro, fanno ancora parte della mia vita, malgrado quello spartiacque. Oggi ho voluto condividere questo ricordo con voi.