05 settembre 2008

Goiania, 1997 (Quando ero laggiù, cap. 1)


Avevo promesso di raccontare un po' della mia storia "a puntate", ma sono giorni movimentati e mi mancano le condizioni di tempo e concentrazione per lanciarmi nella stesura di un racconto.
Per non venir meno all'impegno preso, faccio un salto nel tempo e vado a pescare fra le mie famigerate "circolari" dell'era di internet un testo a cui sono particolarmente affezionata e che a suo tempo fu pubblicato sulla rivista dell'AIFO (Amici di Raoul Follereau ONG) con il titolo "Via i poveri dalla città". Non ho realizzato nessun intervento di editing e ve lo ripropongo così come fu scritto allora, copincollato dal file originale.
È il ritratto di come si possa realizzare un vero e proprio apartheid sociale basato sul "potere acquisitivo" anziché sul colore della pelle.



Goiânia, 04/09/97
(...) Un'esperienza che mi ha molto segnata in queste ultime settimane è stata la visita alle periferie di Goiânia. Una premessa: al mio arrivo in aprile ero rimasta colpita dall'apparente ricchezza della città. Girando per le strade di giorno e di sera si ha un'impressione di vitalità e tranquillità, è rarissimo incontrare un mendicante fermo al semaforo (al massimo qualche invalido con le stampelle) ed anche i bambini di strada sono pochi rispetto ad altre capitali brasiliane. Delle favelas, poi, neanche l'ombra.
La domanda nasceva spontanea: ma dove sono i poveri?
La conoscenza con alcuni missionari italiani che svolgono il loro servizio nelle periferie mi aveva fatto sospettare che i poveri fossero nascosti da qualche parte, ma solo in queste settimane ho potuto verificare di persona quanto la situazione sia grave anche in questa città apparentemente così "middle class".
Rapidamente, la cronistoria delle periferie di Goiânia come sono attualmente. A metà degli anni 80, ovvero in coincidenza con l'inizio della ridemocratizzazione del Brasile dopo il lungo periodo di dittatura militare, l'allora governatore dello stato di Goiás Iris Rezende (Ministro della Giustizia nell'attuale governo di Fernando Henrique Cardoso) decise di "ripulire" Goiânia da tutte le favelas e tentare di prevenire le invasioni che i numerosi immigrati senza casa realizzavano già dagli anni 70 in alcune aree periferiche della città. A questo scopo il governo dello stato rilevò una vasta area in una collina a circa 13 Km dal centro, che fu suddivisa in lotti e ceduta gratuitamente alle famiglie povere senza casa (progetto "Vila Mutirão"); il terreno fu recintato con filo spinato e le famiglie si ritrovarono ad abitare nelle precarie baracche tipiche delle favelas, nell'attesa di costruire o di ricevere dal governo una casetta in muratura (in quest'ultimo caso, col tetto in eternit che ha il pregio di trasformare le abitazioni in fornetti durante la stagione secca, in rumorosi capannoni durante le insistenti piogge estive). Insomma, un vero e proprio "campo di concentramento" nel quale si entrava solo se forniti di credenziali. A questo fatto succedettero varie invasioni di altri disperati, al punto che nel 1988 un secondo progetto, chiamato "Curitiba" dal nome di una delle capitali più sviluppate del Brasile (!!!) fu realizzato, seguito negli anni 92-93 dal "Bairro da Vitória" (quartiere della "Vittoria"...). In 13 anni, un mega-quartiere con 100.000 abitanti è sorto al lato delle periferie già esistenti, dando vita ad un'immensa sottocittà abitata da 250.000 persone, cioè un quarto della popolazione di Goiânia, tutte povere o misere, salvo i trafficanti e i piccoli e grandi delinquenti.
È in atto qui come altrove una vera e propria forma di apartheid sociale istituzionalizzato; la città è "pulita", i poveri non si vedono e molti, troppi goianiensi ignorano l'esistenza di quest'altra Goiânia attraversata (ma solo per pochi chilometri) da un'unica strada asfaltata chiamata pomposamente "l'avenida".
Contemporaneamente, il municipio continua a riasfaltare le strade del centro e dei quartieri "nobili" della città (che per inciso non sono chiamati "bairros", termine decisamente popolare, ma "settori"), perché qualche buco potrebbe pregiudicare i semiassi delle auto importate dei figli di papà (e dei papà) che qui abitano.
Il principio è semplice: se sei un cittadino dotato di "alto potere acquisitivo" ti puoi permettere ed hai diritto ad abitare in un settore, magari in un bel condominio di 15 piani con sistema di sicurezza (e ascensore doppio, affinché la domestica usi quello di servizio e non contamini quello "sociale").
Se sei dotato di "basso potere acquisitivo" forse non sei neanche un cittadino, e ti devi contentare di abitare in un luogo che ti è "concesso" da un politico "buono e generoso", vero salvatore della patria e sensibile ai problemi sociali (sempre che tu gli possa garantire il voto tuo e di tutti i membri della tua famiglia), e sempre quello stesso politico o qualcuno del suo giro ti concederà alla fine del mese la tua bella "cesta basica", ovvero riso, fagioli, margarina, farina e zucchero per mantenerti in vita e perché non si dica che a Goiânia qualcuno muore di fame. Per mantenerti schiavo.
Se poi sei una di quelle persone fortunate che hanno un lavoro, ti dovrai alzare molto presto per prendere due autobus pienissimi, il primo dei quali percorrerà un lungo tratto nella polvere o nel fango, secondo la stagione, per raggiungere dopo oltre un'ora di viaggio la casa della tua padrona, dove salirai per l'ascensore di servizio, entrerai per la porta di servizio, userai il gabinetto di servizio, lavorerai più di 8 ore al giorno, e alla fine del mese riceverai un salario minimo e, se la tua padrona è buona, qualche vestitino smesso per i tuoi bambini.
Un goianiense su quattro vive, anzi sopravvive, così. Sono quasi tutti immigrati, provenienti da situazioni disperate di mancanza di terra e di lavoro, vengono dal nord e dal nordest o dalle piccole città dell'interno dello stato. Lasciano una situazione precaria, misera, per trovarne una peggiore, vista la desolazione di queste periferie, la violenza altissima (un omicidio al giorno) che le percuote, la mancanza di una prospettiva migliore(...)

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