16 giugno 2006

Non solo agricoltura

Anche se la questione agraria costituisce uno dei caratteri più importanti del volto odierno del Brasile, occorre citare qualche altra informazione per fare luce su un quadro così complesso.

Dal punto di vista dell’economia, il Brasile è oggi il principale produttore mondiale di soia (anche transgenica) e, più in generale, il quarto maggior esportatore di beni alimentari al mondo (le colture principali dopo la soia sono canna da zucchero e caffè). E’un paese autosufficiente dal punto di vista energetico, date le riserve di petrolio. Il settore industriale più sviluppato è quello agroalimentare, ma sono presenti anche numerose industrie metalmeccaniche (soprattutto automobilistiche: FIAT, General Motors, Toyota, Renault, Wolksvagen….) ed elettroniche, queste ultime nella zona franca di Manaus, in Amazzonia.

Il Brasile è comunque importante nell’economia mondiale come riserva di manodopera a basso costo. Sono assai numerose le imprese multinazionali che hanno una loro sede qui (comprese Parmalat, Nestlé e altri colossi del mercato globale). Ora, è facile immaginare gli effetti che questo fatto può produrre sull’economia locale. Contro gli argomenti a favore, secondo cui queste imprese sarebbero delle benefattrici che creano posti di lavoro per la povera gente e aumentano la produzione finalizzata all’esportazione, si può citare il loro ruolo nel fallimento delle imprese locali incapaci di reggere a tale concorrenza, o ancora il fatto che dei guadagni realizzati poco o niente viene reinvestito in loco.

DIVAGAZIONI STORICHE: L'ECONOMIA COLONIALE

Se fino alla metà del ‘600 la produzione e l’esportazione della canna da zucchero costituiscono l’asse principale dell’economia della colonia, nella seconda metà del XVII secolo l’interesse si sposta verso l’oro e le pietre preziose. Per circa 200 anni l’attività mineraria diviene il vero fulcro dell’economia coloniale, sviluppandosi soprattutto nell’entroterra della regione del sud-est, denominata appunto delle Minas Gerais, le miniere generali. Al sovrano portoghese, che nel frattempo ha riacquistato la corona, spetta il 20% della produzione mineraria. Si racconta che l’evasione fiscale rappresentasse all’epoca circa il triplo del cosiddetto “quinto” inviato alla corona.

Ma già verso la fine del XVIII secolo lo sfruttamento delle miniere comincia ad entrare in crisi e ad essere soppiantato economicamente dalla produzione del caffè che, nella prima metà dell’800, si sviluppa soprattutto nella regione di Rio de Janeiro e più in generale nel sudest del paese. Se la crisi delle produzioni minerarie rallenta notevolmente il commercio internazionale degli schiavi, l’exploit della produzione di caffè vede la rinascita dello schiavismo.

Nessun commento: